mercoledì 6 marzo 2013

Le Miroir (Lo specchio) - 4^ episodio: sorprese

(riprende dal 3^ episodio)

Un altro viaggio in treno, stavolta per una destinazione a me nuova. In questa cittadina che si affaccia sullo Stretto della Manica, io non ero mai stato prima d'ora. Scendo alla stazione con l'animo di colui che capita in un posto per caso, un luogo che non aveva preventivato di visitare, anche perchè non è meta di turismo. I turisti ci sono, in effetti, ma qui ci passano e basta. Arrivano a Boulogne sur Mer per imbarcarsi su di un traghetto che li porti dall'altra parte della Manica con una rotta ben definita e certa. Io, invece, la rotta la devo trovare. I turisti sono in possesso di un biglietto dove la rotta è già scritta, io sono in possesso di un volantino pubblicitario in cui “la rotta” è solo promessa. Una promessa sottintende quasi sempre delle incognite, e le incognite a volte presagiscono sorprese. E qui, a Boulogne sur Mer, le sorprese a quanto pare non si fanno attendere.
Che cosa si aspetterebbe qualcuno che si trova in un luogo a lui sconosciuto e che cerca un posto specifico, munito di un indirizzo preciso? Che l'indirizzo esista, come minimo. Accade ovunque, in qualsiasi agglomerato urbano del pianeta. Tranne qui, a Boulogne sur Mer.
C'è un inghippo, e nemmeno tanto piccolo: tutte le persone a cui chiedo informazioni per raggiungere la mia destinazione, quella pubblicizzata nel volantino che mi si era spiaccicato in faccia a Parigi, conoscono il locale. “Le Miroir” è conosciutissimo qui a Boulogne, ma la cosa strana è che tutte le persone a cui chiedo lumi per raggiungerlo si mettono a ridere e rispondono che non esiste l'indirizzo; e lo dicono come se la loro risposta fosse la più ovvia, la più scontata del mondo. Beffardo è il loro atteggiamento quando, con la massima gentilezza che riesco ad esprimere in quel momento, domando di spiegarmi dove accidenti devo andare per entrare a “Le Miroir”: se ne vanno ridendosela di gusto, come si farebbe con uno sciroccato che chiede le coordinate astrali per raggiungere un'altra galassia.
La cosa più ovvia che può venire alla mente, in casi simili, è che si sia caduti vittima di uno scherzo, una specie di trappola dispettosa e senza costrutto, organizzata da qualche buontempone. Anche questo può accadere in qualsiasi agglomerato urbano del pianeta. Certamente non accade qui, a Boulogne sur Mer, dove molte sorprese pare abbiano scelto di darsi convegno e di sbizzarrire la loro vèrve creativa su “turisti per caso”, per di più naufraghi, come me. Una di queste mi viene a scovare proprio quando ho ormai abbandonato le ricerche di “Le Miroir”, e si manifesta, come è tipico delle sorprese, in modi e tempi inaspettati.
Approfittando della bella giornata di sole che la primavera sembra aver accordato anche a questa strana città, mi incammino verso il lungomare. La strada che costeggia lo stretto della Manica in questa zona è poco frequentata. E' un boulevard molto lungo; da un lato la strada, sopraelevata rispetto al mare, che dista un centinaio di metri separato dalla spiaggia, alla quale si accede tramite delle scalinate piuttosto strette che, percorrendo il largo marciapiede del viale, si incontrano ogni cento metri circa. In prossimità di ogni scalinata c'è una panchina, ognuna delle quali è contrassegnata da un numero. Di fronte ad ogni panchina c'è una statua di un personaggio famoso. Così, ad esempio, di fronte alla panchina n.1 c'è la statua di Napoleone, alla n.2 c'è De Gaulle, alla n.3 c'è Luigi XIV, eccetera.
Quando decido di sedermi per riposarmi e prendere un po' del sole di primavera sul viso, ho appena passato la panchina n.18 col bel faccione di Flaubert che stava di fronte, e che guardava perplesso una coppia di gabbiani innamorati che vi si era appollaiata sopra. Per non disturbare l'intimità dei volatili e non turbare ulteriormente Flaubert, mi siedo dunque sulla panchina n.19, in petto alla quale si staglia imperiosa la statua di lui: Cristophe Colombo. Non stavo ormai neanche più pensando a quello che ero venuto a fare a Boulogne, ma l'associazione 19+Colombo è scattata immediata nella mia mente. Prendo dalla tasca il volantino di “Le Miroir”, l'indirizzo dice: 19, boulevard Cristophe Colombo. Ma in questo boulevard, che non si chiama Colombo, non vedo nessun locale; ci sono solo automobili che sfrecciano sulla strada e dei giardinetti pubblici dall'altra parte. Mi avvicino incuriosito alla statua, su cui leggo un'iscrizione che recita: “qui, nel 1484, Cristophe Colombo naufragò. Riuscì a salvarsi a bordo di una scialuppa che attraccò al molo 26”. Mi rendo conto che è l'iscrizione più assurda che mai fu apposta su una statua commemorativa, non fosse altro che è scritta in italiano e che qui siamo in Francia, ma è anche la stessa cosa di cui parla il volantino di “Le Miroir”. Lo stupore e il disorientamento corrono a briglie sciolte nella mente per qualche istante. Poi, istintivamente, mi giro verso la scalinata, dove ad attendermi c'è l'ennesima sorpresa: appoggiato al primo gradino vedo un oggetto che sembra essere stato abbandonato lì per sbaglio: è un piccolo specchio. Ma non è uno specchio qualsiasi: è esattamente uguale a quello del volantino. L'indizio è chiaro: “Le Miroir” è qui, basta scendere la scalinata. Ce l'ho fatta; quando ormai non ci pensavo più, l'ho trovato. O forse sarebbe più corretto dire che è stato “Le Miroir” a trovare me. Mentre il cervello mastica svogliatamente questo amletico dubbio, ne approfitto per scendere la scalinata e vedere, prima di cantar vittoria, se davvero “Le Miroir” è qui, dal momento che le sorprese in questo posto sono all'ordine non del giorno, ma del minuto.
Scesi tutti i gradini mi trovo in spiaggia. Deserta. Costruzioni che possono somigliare a locali pubblici: zero. Davanti a me il mare, dietro di me il muro di cemento sottostante al boulevard. L'unico oggetto presente in spiaggia è il relitto di quella che sembra essere un'antica nave, il cui legno si presenta piuttosto male in arnese. Mi avvicino, con l'intento di trovare l'ennesima sorpresa, che credo a questo punto non mi possa essere negata. Infatti la trovo. Sulla chiglia ormai semidistrutta si legge a malapena una scritta in vernice ormai sbiadita: “Le Miroir”. La barca è grande, posso entrarci dalle falle che ne squarciano l'antico legno. Sono in quello che è rimasto della stiva. Di fronte a me c'è una porta. Tiro la maniglia, entro. Dal buio una dolce voce femminile mi saluta: “Ben arrivato a Le Miroir!!!”

(Fine quarto episodio)

Marco Bertelli

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