mercoledì 20 novembre 2013

Le Miroir (Lo specchio) - 6^ episodio: Rivelazioni

 (riprende dal 5^ episodio)

Non capita di frequente dover scendere delle scale nella completa oscurità. Prima d'ora, avrei pensato fosse normale farlo per raggiungere qualche vecchia cantina, per cercare qualcosa di antico, caduto nel dimenticatoio. Un ricordo d'infanzia, qualcosa che era appartenuto agli avi della famiglia, e che ora, chissà perchè, aveva catturato la curiosità e aveva acceso improvvisamente la voglia di andarlo a riscoprire, in mezzo a tante altre cose dimenticate. La situazione nella quale mi trovo è decisamente diversa da quella che può essere paragonata ad una discesa in cantina, eppure la sensazione che mi accompagna è proprio quella della curiosità di andare a riscoprire qualcosa di antico e prezioso che avevo dimenticato, per riprenderne il possesso.
Il rumore dei passi che scendono gli scalini sono l'unico legame con la realtà che la mia mente riesce a percepire. Il resto è paradossale. Mentre scendo, anziché avvertire più gravità, sento rarefarsi l'aria, proprio come mentre si sale di quota verso la cima di una montagna, e tutto mi sembra più leggero. Mentre la sensazione di curiosità che mi pervade mi invita ad una discesa più veloce, i miei passi rallentano.
Mentre la mente è in evidente affanno, perdendo via via ogni appiglio con ciò che considera reale, da una parte di me più nascosta, arriva l'impulso di continuare in questa irreale discesa nel profondo. La mia bellissima guida mi precede, e questo mi basta.
Non ho idea di quanto tempo sia trascorso da che ho cominciato a scendere questi scalini, ma il tempo è un problema che riguarda solo la parte razionale di me, che sento sempre più distaccata.
Una luce blu, soffusa, appare all'improvviso: si materializza una stanza, un ambiente nuovo mi avvolge. Al centro si trova un tavolo da riunioni, tondo, con due poltrone, una opposta all'altra. Le pareti che irradiano la luce blu che ora appare molto più acceso, sembrano di cristallo e circondano tutta la stanza, anch'essa tonda. La cosa che mi colpisce, è che non riesco a scorgere il soffitto, che sembra fatto di sola luce. Una luce bianca che, stranamente, non si riflette né si mescola col blu intenso che avvolge e colora l'ambiente, dando un suggestivo senso di infinità allo spazio in cui mi trovo, che potrebbe definirsi una stanza a cielo aperto.
La mia guida mi invita ad accomodarmi su una delle poltrone. Mi siedo, mentre lei rimane in piedi di fronte a me.
Io, che ormai ho perso la mente fatta di realtà, trasportato da non capisco quale forza in un luogo meravigliosamente irreale, non riesco più nemmeno a porre le domande che, in questo frangente, sarebbero le più ovvie: “Dove siamo? Perchè siamo qui? Cosa succede ora?”.
Lei, che sembra conoscere esattamente tutto quello che si muove nella mia mente persino a mia insaputa, risponde a ciò che non riesco a chiedere:
“Siamo ovunque, e in nessun posto. So che ti sembrerà irrazionale, magari fantascientifico, ma questo è il luogo che ti sei costruito tu, dentro te stesso, e che hai voluto rendere reale nel momento in cui hai deciso di intraprendere questo tuo viaggio per trovare qualcosa che credevi di aver smarrito: quella che tu chiami la rotta. Questo luogo esiste solo perchè la parte più profonda di te aveva la necessità di creare all'esterno ciò che la tua mente non riusciva a percepire al suo interno. Ti trovi dentro di te, e questa non è altro che la meta del tuo viaggio. La tua razionalità, il tuo intelletto, la tua mente insomma, non erano capaci di crearlo mentre stavi seduto al bar di provincia, quando hai sentito il desiderio di partire da là. Così hai creduto di dover viaggiare, o salpare se preferisci, visitare città, osservare posti e persone, vivere situazioni normali e paradossali, provare sensazioni piacevoli e spiacevoli; ma tutto quello che hai vissuto durante questi giorni altro non era che il progressivo compiersi del tuo vero intento, ovvero trovare fuori da te stesso qualcosa che è in te stesso. Materializzare questo luogo era un tuo desiderio nascosto che la tua mente non sapeva decifrare e tradurre in realtà, perciò sono serviti paradossi, sorprese, anomalie della realtà per realizzarlo”.
Mentre quella bellissima creatura mi parla, mi rendo conto che accettare come vere quelle cose, che sino a poco prima avrei interpretato come assurde, è assai meno faticoso che bere un bicchier d'acqua quando la sete ti ha arso la gola. E' come se da dentro emergesse una parte di me nuova, sconosciuta, che non vede nulla di paradossale; si rivela con forza alla mia mente, che ne viene invasa e annullata.
Mi è perfettamente chiaro che la realtà che mi si para davanti in questo momento è esattamente come un film di cui io sono il protagonista, lo sceneggiatore e il regista: sino a poco prima ero troppo impegnato a recitare la mia parte e non me ne rendevo conto. Questa nuova rivelazione che si fa strada sempre più dentro di me, non tarda a dar conferma di se' e a manifestarsi anche alla mia vista: le pareti della stanza che irradiavano la luce blu, improvvisamente, cominciano a proiettare immagini, sembrano proprio scene di un film. Sono immagini, scene che già conosco. Sto assistendo alla proiezione della mia vita. Mi vedo recitare tutti i ruoli che ho interpretato da che ho posseduto questo corpo: l'infanzia, la scuola, il lavoro; la famiglia, gli amici, gli affetti; le gioie, i dolori; i successi e il “naufragio”, che mi ha condotto qui, seduto su una poltrona che, se la guardassi bene, mi accorgerei che reca sullo schienale la scritta “regista”. Come cineasta, non posso che constatare la perfetta qualità del film: è tutto perfetto, dalla sceneggiatura agli interpreti.
Mi compiaccio di vedere come tutta la storia, la mia, non abbia nulla che non vada: non ci sono scene da correggere, cattive recitazioni da “rigirare”. Prima, quando credevo di essere solo “attore”, pensavo che molte cose non fossero al loro posto: scenografie indesiderate, attori non all'altezza del loro ruolo. Tante cose da rivedere, da cambiare. Ma non può essere l'attore a decidere la storia: sono lo sceneggiatore ed il regista che stabiliscono ambientazione, dinamiche della storia, copione da recitare, co-protagonisti, interpreti secondari, caratteristi e comparse. Ora che so di ricoprire anche queste mansioni, me ne rendo conto.
Le immagini che scorrono sulle pareti della stanza stanno mostrando le ultime scene della storia, sono arrivate al momento presente, quando mi vedo qui, seduto su questa poltrona in una stanza blu a cielo aperto. Ora le pareti tornano ad irradiare la luce blu, ma oltre a quella, come uno specchio proiettano anche la mia immagine, che è la sola cosa che vedo attorno a me. La mia bellissima guida, che mi ha condotto qui, si è improvvisamente dissolta nel nulla, ma continuo a sentire la sua presenza, e la sua voce: “Questo è Le Miroir: lo specchio di quello che sei. Ora hai conosciuto la parte profonda di te, quella che fa accadere le cose e che ti aspettava qui, e cioè ovunque e in nessun posto”. Dopo una pausa, riprende: “Ora, caro naufrago, quella parte di te si materializzerà e si verrà a sedere di fronte a te: la conoscerai di persona e vi parlerete, io ora vi lascio”.
So che forse non la sentirò più, forse non la vedrò più, ma ho la certezza di non averla persa.
Ora mi avvolge il Silenzio, l'immagine di me stesso, proiettata di fronte a me, lentamente si dissolve, mentre sale l'intensità dell'emozione di conoscere chi si siederà al mio cospetto.

 (fine sesto episodio)

Marco Bertelli