lunedì 12 ottobre 2020

ZEN

 

Tratta dal libro “101 storie Zen”, ecco una storia Zen:

 Non si può rubare la luna.“Ryokan, un maestro Zen, viveva in modo molto semplice in una piccola capanna ai piedi di una montagna. Una sera un ladro entrò nella sua capanna, solo per scoprire che non c'era nulla da rubare. Al suo ritorno, Ryokan lo colse sul fatto. <E' probabile che tu sia venuto da lontano per farmi visita>, disse all'intruso, <e non dovresti andare via a mani vuote. Ti prego, come dono accetta i miei vestiti>. Il ladro rimase sbalordito. Prese i vestiti e scappò via. 
Ryokan sedette nudo ad osservare la luna. <pover'uomo>, pensò, <avrei voluto potergli dare questa splendida luna>.”
Fine della storia Zen.
Nella prefazione dello stesso libro, curata da Nyogen Sanzaki e Paul Reps, si legge: “Lo Zen ha molti significati, nessuno dei quali completamente definibile. Se sono definiti, non sono Zen.”
 
Dire che si può imparare qualche cosa di “preciso” in una storia Zen, dunque, è impossibile.Tutti i significati che ciascuno di noi può trarre da una qualsiasi storia Zen, è al contempo vero e falso, giusto e sbagliato. 
Alla faccia della nostra intelligenza di uomini e donne che vivono nella società odierna, la più evoluta e “scientifica” che mai si sia vista da che mondo è mondo!!! Come si permettono questi orientali di venirci a dire che noi occidentali non possiamo realmente comprendere qualsiasi significato di qualsiasi insegnamento, per antico o distante che sia? Noi occidentali, che già da millenni dalle Sacre Scritture abbiamo interpretato le più intricate allegorie, secondo questi orientali non saremmo in grado di risolvere i loro infantili enigmi: ma scherziamo???? Anche prendendo la storiella che è fedelmente trascritta all'incipit, per esempio, risulta di una facilità disarmante svelarne le allegorie.E' chiaro che il personaggio del maestro Zen altri non è che l'italiano medio, mentre il personaggio del ladro è l'allegoria dell'uomo politico che entra e riduce il pover'uomo in mutande. La morale è chiarissima, quindi: l'italiano medio è sempre sottomesso al politico ladro che lo vessa e lo riduce in povertà. Il derelitto, con quell'indomito spirito ironico che contraddistingue l'italico sentire, peraltro rintracciabile in qualsiasi spettacolo di varietà televisivo, o più frequentemente nei post dei social network, si rammarica di non potergli dare anche la luna.
Sì, beh... in effetti qualcosa non torna in questa interpretazione: s'è mai visto un politico “sbalordito” per aver sottratto qualcosa? No, in effetti... forse c'è un significato più preciso nelle allegorie. Forse il ladro, quando entra nella casa sa benissimo che non c'è nulla da rubare, quindi non entra per prendersi qualcosa di “materiale”. Infatti è noto che oggi il governo non fa altro che portarci via le nostre libertà fondamentali. Ma... allora come mai l'italiano medio gli concede volentieri quello che cerca, dandogli di buon grado persino i vestiti (forse in cambio di una mascherina)?
L'italiano medio è davvero così sottomesso (o scemo, secondo molti)? E poi, cosa c'entra la luna?
Mi sa che, per le allegorie devo partire da una storia Zen più semplice, non di quelle del libro di cui sopra; ad esempio, quella che ho sentito per caso in una trasmissione televisiva di "stand-up comedy", raccontata da una simpatica ragazza orientale:

Storia Zen (senza titolo):

“C'era una volta, un villaggio abitato da brave persone. Tutti erano brave persone, tranne uno, che era cattivo. Un giorno, il cattivo morì.” 
Fine della storia Zen.
E anche della nostra, “occidentale” capacità di capire. 😃

 

Marco Bertelli










giovedì 8 ottobre 2020

Poesia un po' etica


 

“L'etimologia della parola poesia è da ricollegare al latino pŏēsis dal greco ποίησις, derivato a sua volta da ποιέω = produrre, fare, creare ed, in senso più ampio, comporre. Andando ancora più indietro, si risale alla radice sanscrita pu- che ha appunto il significato di generare, procreare. La poesia è, in altri termini il frutto della creazione artistica che raggiunge vette tanto sublimi quanto riesce a trasfigurare il dolore, la sofferenza, le tragedie in bellezza estetica ed etica.”

Dal sito Etimoitaliano.it


Quando fu assassinato Pier Paolo Pasolini, ormai 45 anni fa, il grande Scrittore Alberto Moravia dichiarò, affranto, durante la sua orazione funebre: “Prima di tutto, abbiamo perso un Poeta, e di Poeti non ce ne sono tanti nel mondo: ne nascono 3 o 4 soltanto in un secolo”.

Sarebbe fin troppo ovvio riconoscere in queste parole la pura verità, se associamo la figura del Poeta a chi le proprie creazioni le imprime sulla carta. Ma credo proprio che questo, oggi, non possiamo proprio più farlo, visto che, stando al ragionamento del celebre scrittore, da quella sua famosa orazione funebre, di Poeti direi che se ne sono visti sempre meno.
Ma la Poesia, quella vera, quella descritta dalla definizione etimologica di cui sopra, non è morta, né può scomparire.
Quindi, dov'è la Poesia oggi, in un mondo senza più Poeti? A questo pensavo mentre mi trovavo nel mezzo della “grande” città nei pressi della quale abito, e subito mi sono proposto di cercarla: non sono sicuro di averla veramente trovata , quindi non prendetemi molto sul serio, vi conviene. Però, ai miei occhi, un certa qual Poesia si è mostrata.

Ho visto la Poesia nei riflessi del Sole dell'umido mattino autunnale, che illuminavano portici di pietre antiche; ho visto quei raggi correre felici, indisturbati dal traffico frenetico sull'asfalto, andandosi a posare, illuminandolo, sul sorriso di un accattone; quasi sentisse, nel tintinnare di poche monete, musiche da una vita futura.

Credo fosse Poesia, anche se il suo poeta forse non lo sa, il furioso ansimare di un corpulento signore che rincorreva uno strapieno veicolo pubblico: quando il lungo autobus, comprensivo, si è arrestato e ha spalancato a lui le capienti viscere, non ho potuto intuire quanto sollievo ci fosse in quel viso nascosto da un decreto, né il sole si è preoccupato di svelarlo, limitandosi a posare solo un piccolo raggio sulla fronte spaziosa, illuminando fuggevolmente piccolissime poetiche gocce di sudore.

E' un bell'ardire scorgere Poesia quando un fedele, seduto in completa solitudine su una panca in una cattedrale vede avvicinarsi (ma non troppo) una suora, munita di credenziali vaticane, che gli spiega che in principio sì, era il Verbo, ma oggi, in ossequio alla Grande Madre Scienza, una strana divinità ha deciso che il Verbo va coperto, pena l'esclusione da quella “casa”, che ora, evidentemente, appartiene a un dio sottomesso.

In effetti, è molto più Poetico il sorriso, illuminato dal sole, di quel fedele, che trova in quella costrizione un consiglio per poter trovare il Divino altrove, dove non si tenta di sottometterlo.

Però, anche nella scienza moderna c'è senza dubbio molta Poesia: ce ne si accorge vedendo come si accaniscono l'uno contro l'altro due sostenitori di opposte correnti di pensiero: facili, di questi tempi, trovarli in qualsiasi civile consesso.

Il primo sostiene che la verità è nell'anidride carbonica, che va respirata a pieni polmoni, aiutandosi in questo da provvidenziali apparati, di recente introduzione nel commercio, che impediscono che ciò che l'organismo umano scarta tramite l'espirazione venga disperso nell'ambiente, ma proprio grazie a questo manufatto, detto “mascherina”, venga invece reintrodotto nell'organismo: la scienza farmaceutica, secondo questa corrente di pensiero, non può difettare di altruismo. 
Per contro, l'altro, contraddice tale tesi, sostenendo che, al contrario, la verità sta nell'aria che si respira nell'ambiente, e che tali “mascherine” sono dannose perchè impediscono all'ossigeno di fluire nell'organismo, e si sa, l'ossigeno di oggi, pieno all'inverosimile delle polveri sottili delle città moderne è un toccasana per la nostra sacra salute.
Entrambi questi avversari sono talmente sicuri e fieri delle proprie idee e delle proprie certezze che arrivano ad odiare talmente i loro rispettivi oppositori, da passare le proprie giornate a trovare motivi per danneggiare l'altro, al punto di desiderarne l'annientamento totale. 
Ne ho visti due, per strada, accapigliarsi solo a parole, in rispetto alle distanze stabilite per decreto: questo provocava in loro un senso di impotenza, di odio sempre crescente: li ho visti cadere a terra, l'uno per aver respirato troppe polveri sottili, l'altro per aver smesso del tutto di respirare. E' stato davvero Poetico vederli cadere a terra e rimbalzare, come palloni da basket: palleggiati da giocatori senza maschera e senza volto, e scaraventati infine a canestro.
 
Poeti, forse, non ne stanno nascendo più, come sosteneva Moravia, ma quanta Poesia c'è intorno a noi. Specialmente dove non si sospetta che ci sia.


Marco Bertelli 


P.S.: quanta Poesia nella Musica