Primo Maggio 2013, ore 10,30 circa.
Esterno di un centro commerciale qualsiasi della bassa padana.
L'altoparlante che diffonde musica a caso, per il comodo sonno degli
avventori che stanno varcando la soglia dello spaccio, si interrompe
improvvisamente. La speaker annuncia: “La Signora Gesualda
Strapacchioni è attesa urgentemente dal figlio al punto raccolta
clienti”. Il nome della signora è ovviamente di fantasia,
l'annuncio assolutamente no.
C'è un figlio che è alla disperata
ricerca della madre, che non trova più.
A me, personalmente, piace capovolgere
la cosiddetta “normalità”, ovvero il senso della realtà così
come viene concepito dal “senso comune”. E' un esercizio che
faccio quotidianamente, proprio perchè al cosiddetto “senso
comune” non credo più da molto tempo, oramai. Quando, per esempio,
vedo padre e figlioletto che passeggiano in un posto qualsiasi, sono
più propenso a pensare che sia il bimbo che “tiene” la mano del
padre, e non viceversa, come ai più verrebbe spontaneo pensare.
Capovolgere il “comune” senso delle
cose, in effetti, più che un “esercizio”, è un modo come un
altro di vedere la realtà. Mi rendo conto (senza rammarichi da parte mia) che parlarne in giro non
depone molto a favore della mia “sanità mentale” agli occhi
dell'opinione pubblica, ma quell'annuncio di cui sopra, se non altro,
mi da un po' di coraggio nell'affrontare le perplessità degli
assertori del “senso comune”, nel caso volessi aprire con loro un
dibattito sulla validità del medesimo. No, meglio di no. Nessun
dibattito. Non mi interessa imporre ciò che io suppongo sia
l'assoluta validità di una teoria “sconvolgente”, né, a mia
volta, mettere in discussione la “sanità mentale” di
chicchessia.
In fondo, ognuno vede ciò che crede di vedere.
In fondo, ognuno vede ciò che crede di vedere.
Sta di fatto che i genitori che un
tempo “perdevano” i loro pargoli irrequieti che si allontanavano
per i fatti loro, attratti da chissà quali curiosità, mentre i
genitori magari erano impegnati a contemplare, fantasticando, qualche
vetrina che calamitava a livelli inverosimili la loro attenzione,
oggi vengono “smarriti” dai rispettivi figlioli, costretti a
rivolgersi al personale di servizio per recuperarli.
Forse ci dovremo abituare ad episodi di
questo tipo, o forse ci siamo già abituati. Anzi, credo proprio che
ci siamo talmente abituati, che già non ci facciamo più caso.
Nessuno, o quasi, ha fatto per esempio
caso al fatto che oggi, Primo Maggio, festa dei lavoratori, ci sono
un sacco di negozi aperti nelle città e centri commerciali di
periferia che funzionano a pieno regime, con personale di servizio
efficientissimo, che recupera genitori smarriti con brillante
facilità.
Per il “senso comune”, oggi
dovrebbe essere la Festa dei Lavoratori.
Per il mio “senso (non) comune”,
oggi è un giorno in cui, come in tutti gli altri giorni, il lavoro
ha “fatto la festa” ai lavoratori.
Pensate pure, se vi piace, che io abbia
problemi di “sanità mentale”.
Marco Bertelli