giovedì 9 novembre 2023

DANZA D'AUTUNNO

 



Sole che trafigge rami ormai spogli,
saziati da un'estate partita.
Sole attraente, invitante;
che addolcisce le lame di un'aria tagliente
e parla con l'Anima
del Tempo che gira,
e rigira, misurando passi e distanze,
e mai non si muove.
Magia di una Danza. 
 
 
Marco Bertelli 
 
 
 

 

venerdì 28 luglio 2023

FILOSOFIA DEL LANZICHENECCO (perchè LANZICHENECCOSOFIA suona un po' troppo "proustiano")

 

 
 
Il famoso Filosofo/Esoterista G.I. Gurdjieff (1876/1949) sosteneva che l'essere umano è una creatura che si regge sull'energia; non intendendo con ciò la forza sviluppata da una possente massa muscolare che non tutti possono vantare.
Parlava di quell'energia più "sottile" (eterica) che, invisibile all'occhio dell'umano ordinario, circonda e sostiene il corpo e la mente e ne permette, in buona sostanza, la vita.
Sosteneva Gurdjieff che l'accumulo o la dispersione di suddetta energia condiziona la qualità della salute, e quindi dell'armonicità dell'esistenza del corpo umano durante la sua peregrinazione terrestre.
Cosa più importante: l'energia si può accumulare o trasmettere in vari modi; più frequentemente attraverso interazioni emotive con altri esseri umani, ma anche con animali o con la natura (sottoforma ad esempio di luoghi, paesaggi e via dicendo), e non esiste, secondo il Filosofo, differenza tra "energia buona" ed "energia cattiva".
Capita a tutti di sentirsi stanchi senza apparente motivo. Capita a tutti di sentirsi un po' tristi senza che sia sucesso nulla di particolarmente grave.
Gurdjieff riteneva che ciò fosse dovuto al calo di energia vitale, e quando questo capitava a lui, per ovviare all'inconveniente provvedeva ad accumulare energia anche in modi alquanto bizzarri: si racconta che, durante il suo lungo periodo trascorso a Parigi, quando sentiva il bisogno di "accumulare", prendesse la sua autovettura e di notte andasse in quartieri popolosi e dormienti della capitale francese suonando all'impazzata il clacson, con grande disappunto della brava gente che veniva sbalzata giù dal letto dal frastuono assordante proveniente dalla vettura del Gurdjieff.
Gli innumerevoli improperi, maledizioni e gli svariati lanci di oggetti dalle finestre delle case, per il Filosofo erano letteralmente "carburante eterico", fonte di nuova energia da incorporare e utilizzare: un toccasana per la sua salute fisica ed emotiva.
Ovviamente, la scienza moderna, almeno ufficialmente, non tiene conto delle teorie un po' strampalate di un pazzerello filosofuccio Armeno, per cui i suoi libri sono catalogati tra i "reperti esoterici", tenuti lontano dalle aule accademiche e relegati su scaffali di librerie "di nicchia". Suddetti scaffali, ad ogni modo, da un po' di anni sono speciale terreno di caccia per i cosiddetti "mental coach", i quali, sempre avidi di nuove idee e teorie da riversare nelle menti dei loro facoltosi ma infelici clienti, trovano qui materiale prezioso per la propria "arte".
Evidentemente, anche il "mental coach" del non più ignorato "asso del giornalismo" John Elkann (volete che un personaggio così "proustiano" si privi del supporto di un mental coach...?) deve aver individuato nella "tecnica Gurdjieff" la chiave giusta per rimpolpare di novella energia il suo scarico "proustiano" cliente.
Come spiegare diversamente la pubblicazione di un articolo così banale, privo di contenuti, arido di umanità e sciocco?
Un signore attempato che esibisce abbigliamenti ricercati, stilografiche di gran pregio, libri coltissimi, giornali finanziari e finanziati (il supplemento "culturale" di Repubblica, oltre ad essere un ossimoro, si configura anche come pacchiana "marchetta" e stona moltissimo con Proust, tra l'altro), sale in treno (first class, parbleu!!!) e si accorge di essere, per età, il veterano del vagone. E sedendosi per sorte avversa fianco a fianco con eccitatissimi giovanotti nordici da lui subito eletti a "lanzichenecchi"; così da lui apostrofati oltre che per il volgare conversare, per il loro vestiario di una moda assai diversa dalla sua, ma comunque assai costosa (siamo in first class, parbleu!!!).
Allibisce, l'attempato in abito di lino blu, per il fatto che i suddetti "lanzi" si ingegnino in svariati modi per procurarsi compagnia femminile (essendo essi maschi, è evidente la loro arretratezza rispetto ai fluidi tempi moderni, il che rimpingua la loro "lanzichenecchitudine").
Vieppiù allibisce, il "gentleman", per l'inspiegabile fatto che il treno nel suo recarsi da Napoli a Foggia, transiti per le amene località di Caserta e Benevento (in questo rigoroso ordine, eh?). Beh, forse il fido mental coach non si occupa di geografia o è straniero.
E per finire, arrivato a Foggia, dopo aver tirato fuori e rimesso in valigia libri, giornali, taccuini, stilografiche per un numero indefinito di volte, mentre osservava il paesaggio, udiva e studiava con tanta perizia lanzichenecchi e altri passeggeri (lui possiede la facoltà di fare tutte queste cose durante un viaggio contemporaneamente, parbleu!!!), gli tocca l'umiliazione più grande: nessuno tra lanzichenecchi e altra fauna viaggiatrice, si degna di salutarlo. Nessuno, dico nessuno, si è accorto di lui, come non fosse mai salito su quel treno.
Addirittura, pare che tutti i lanzichenecchi sbarcati dal treno a Foggia negli ultimi dieci giorni, interrogati dalle forze dell'ordine occupatesi con solerzia del "caso Elkann", abbiano negato di aver mai visto alcun signore attempato in abito di lino blu completo di stilografiche di pregio, taccuino, libri e giornali al seguito.
Anzi, hanno persino negato con forza e sotto giuramento (la mano destra sulla Bibbia e la sinistra sull'Iphone) di essere essi stessi "lanzichenecchi".
Il caso Elkann, per le forze dell'ordine, la magistratura e il sant'uffizio è chiuso.
L'umiliato signore attempato in lino blu, tuttavia, si è dichiarato soddisfatto subito dopo la ridda di polemiche innescata dall'articolo "generosamente pubblicato" e lui, con rinnovata energia, se ne è tornato da Foggia in aereo (first class, parbleu!!!).
Purtroppo il suo mental coach non gli aveva consigliato lo stesso mezzo per l'andata.... mah.
Ma il caso rimane ancora aperto sui giornali e sui social networks, dove tutto può essere reale, perfino la "lanzicheneccosofia".  
 
Marco Bertelli 
 
 

 

sabato 22 luglio 2023

"IGNAVO CHI METTE IL LIKE E CONDIVIDE" (Caio Giulio Cesare - "De bello gallico" - I sec. a.C.)

 

 
 
Già nel gennaio scorso, il pessimo ministro Sangiuliano l'aveva sparata grossa riguardo al Sommo Poeta, definendolo l'ispiratore del pensiero "di destra" (senza per altro spiegare cosa voglia dire "di destra"); e a poco valsero i vari "inviti alla prudenza di giudizio" e "dietro front" di alcuni meglio istruiti intellettuali della sua stessa sponda politica (ammesso che attualmente esistano in parlamento altre sponde).
Oggi, però, mi sembra che si cominci ad esagerare.
Passino le sparate propagandistiche e un tantino "superficiali" (generosissimo eufemismo) di qualcuno assetato di consensi, ma sconvolgere, mistificare, falsificare e offendere il Pensiero e l'Opera del Sommo Padre, questo proprio NO!!!
La foto qui sotto, che pare essere tratta da una delle famosissime illustrazioni di Gustave Doré, è ormai diventato su fb un "meme" (si dice così): un "meme" tossico, aggiungerei io, contenente velenosissime falsità. Questi ne sono i principali motivi:
- La frase tra virgolette ("l'angolo più oscuro dell'inferno.." ecc.) non è mai stata pronunciata da Dante (se mi si deve smentire mi si citino le fonti reali) e di sicuro non possono far parte (come invece cita falsamente l'autore di questa idiozia) della Divina Commedia, Poema che, lo sappia chi ha virgolettato le suddette scempiaggini, è composto da un totale di 14233 endecasillabi rigorosamente in rima.
- Chi sono gli "ignavi"? Non certo quelli che giacciono a terra nel ritratto usato nel "meme" ( che somiglierebbero di più agli appartenenti al limbo nel IV canto). Dante li ritrae così:
"E io, che riguardai, vidi una 'nsegna
che girando correva tanto ratta,
che d'ogne posa mi parea indegna;
e dietro le venìa sì lunga tratta
di gente ch'io non averei creduto
che morte tanta n'avesse disfatta." - Inferno III (52/57)
Gli ignavi, come dice chiaramente Dante, sono i moltissimi che corrono dietro a quell'insegna che carpisce la loro "assente volontà" e che li mena in giro ovunque, senza meta. Gli ignavi, in pratica, sono quelli che credono a tutto quello che dicono gli altri senza chiedersi perchè e senza sapere dove vengono portati.
Il simbolismo dell'insegna è comprensibile facilmente, se riportato ai giorni nostri, vedendo quanti seguono "la 'nsegna" che menano in giro i vari mass-media, social network e politici da quattro soldi che credono che Dante sia "di destra", quando studiosi ben più istruiti di loro, già nei secoli scorsi, definivano Dante "Rivoluzionario, eretico e socialista" ( leggasi Aroux e Rossetti, quest'ultimo contribuì al Risorgimento e quindi alla nascita dell'Italia, dove oggi indegni ministri infangano il di lui pensiero).
Falsificare, mistificare, offendere; questo sembra il compito di chi "produce" questi "meme" assurdi.
"Cui prodest?" direbbero i latini.
A chi giova che venga diffusa l'ignoranza, la falsità, la facile stupidità?
A chi giova fare sì che le menti si appiattiscano, che le persone accettino una qualsiasi frase virgolettata come "vera" senza chiedersi se lo è veramente?
Ma, soprattutto, perchè ci sono sempre più ignavi che corrono dietro a queste "insegne" senza chiedersi dove accidenti vanno?
Io dico che i tre anni scorsi forniscono parecchie risposte a queste banali domande, ma vedendo il continuo moltiplicarsi di ignavi e da buon mantovano, come Virgilio, Maestro di Dante, non posso far altro che pensare
"Fama di loro il mondo esser non lassa,
misericordia e giustizia li sdegna:
non ragioniam di lor, ma guarda e passa."
Il Sommo Poeta Inferno III (49/51)
 
P.S.: Se fosse vera la citazione del meme, sarebbe verissima anche la citazione che ho messo nel titolo 

Marco Bertelli 
 
 

 

martedì 25 aprile 2023

SCARPE ROTTE


 
 
“Fischia il vento, infuria la bufera, scarpe rotte eppur bisogna andar...”. 
Della famosa canzone del Partigiano forse è la frase più importante. Sicuramente quella più attuale. 
Le “scarpe rotte” che un tempo erano una condizione di vita, ora sono un'efficace metafora dei tempi che stiamo attraversando. 
Il problema è che noi non ce ne accorgiamo. Non vediamo che le scarpe alla moda, eleganti e lucide che, se già non possediamo, comunque desideriamo, in realtà sono rotte. 
Sono rotte come idea, come simbolo, come mezzo di trasporto ideale per la società futura. 
Il Partigiano che non aveva paura di mettere le scarpe rotte anche d'inverno, nella neve e nel fango, sapeva che era necessario patire la pena di indossarle, perchè non c'era alternativa. 
Ciò che gli faceva sentire meno la sofferenza e il dolore era la certezza di una vittoria che avrebbe potuto regalargli un paio di scarpe nuove e molto di più. 
Capiva che non aveva senso lamentarsi del freddo o dei sassi che dilaniavano la suola dei suoi stivali durante le sue pericolose incursioni, perchè “...eppur bisogna andar”. 
Noi oggi sfoggiamo scarpe nuove e vogliamo vestire alla moda, per andare... da nessuna parte. 
Ci lamentiamo se le pozzanghere ci costringono a stare attenti a dove camminiamo, e malediciamo chi, magari per sbaglio, ci pesta i piedi e ce le sporca. 
Crediamo, molto ingenuamente, che il nostro paio di scarpe nuove e alla moda siano il punto di arrivo, la nostra conquista. 
Avessimo orecchie per ascoltare il Partigiano, scopriremmo, forse, che le scarpe, rotte o nuove che siano, servono sempre e comunque per camminare, per portare i piedi da qualche parte. 
Magari ci accorgeremmo anche che il Partigiano sapeva benissimo dove andare, mentre noi non sappiamo nemmeno in che direzione incamminarci, tanta è la paura di affrontare un sentiero insidioso per le nostre amate scarpe nuove. Intanto, da non molto lontano, si sente “fischiare il vento” e “infuriare la bufera”. 
Sento la necessità di diventare Partigiano. 
 
Marco Bertelli 
 

 

giovedì 16 febbraio 2023

MORDACCHIE

 

 

 

Il boia serrò la mordacchia, trapassando la lingua al condannato perchè non emettesse più voce. Quel gesto consegnò alla storia un'immagine che avrebbe rappresentato per l'eternità il simbolo dell'intolleranza di pensiero, zittendo per sempre un profeta: Giordano Bruno 

[…] 
Quella mordacchia è come se l'avesse portata per tutta la vita. Dalle aule di Oxford a quelle della Sorbona, dalle corti di Parigi e Londra alle carceri dell'inquisizione veneta e romana, ogni volta che cercava di gridare le sue verità, di bocca non gli uscivano parole ma sangue”.

Guido del Giudice – La coincidenza degli opposti – (2005)



Una mordacchia materiale sul patibolo, serrata nella bocca di chi la mordacchia, seppur virtuale, l'aveva sopportata già; per quasi un'intera esistenza.
Una mordacchia per impedirmi il Verbo, a dispetto di quella Legge che dice che “In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e Dio era il Verbo”, che io rispettavo e che anche loro avrebbero dovuto osservare.
Eppure, un tempo, ero uno di loro e a quel tempo potevo parlare; la cosa strana è che io, a quel tempo, più che al parlare ero interessato allo studiare.
Leggevo le parole che mi facevano leggere, e mi è capitato anche di leggere parole che loro avrebbero preferito che non leggessi, quindi dovevo leggere di nascosto.
Così, a furia di leggere, ho scoperto che le cose che c'erano da sapere erano molto più vaste delle cose che, secondo loro, avrebbero dovuto essere sapute. Tanto che, alla fine, ho realizzato che tale vastità non poteva che essere Divina; e come una città edificata sulla vetta di un monte, non poteva essere espugnata, né rimanere nascosta.
E' così che ho cominciato a “parlare”; e ho continuato, a dispetto delle mordacchie che i miei inseguitori tentavano di serrarmi in bocca per tutti gli angoli del mondo, finchè è stata la loro paura che ha parlato e mi ha chiamato “Eretico”.
Alla fine, assieme al boia, quella mordacchia l'hanno serrata per davvero, convinti di avermi sconfitto.
Ma mentre loro hanno continuato ad incarnarsi nei secoli seguenti, a violare Leggi, a nascondere verità e a seminare paure per garantirsi il loro potere che anche oggi temono così febbrilmente di perdere, io aleggio incessantemente su di loro col mio spirito, assaporando il tempo in cui il vento del risveglio devierà il flusso delle fiamme che mi hanno arso e brucerà non più gli “Eretici” ma le mordacchie.
 

"Laudati sieno gli dei, e magnificata da tutti viventi la infinita, semplicissima, unissima, altissima et absolutissima causa, principio et uno".

A Giordano Bruno, nel 423° anniversario del rogo.


Marco Bertelli