Oggi, a Roma, nei palazzi della
politica, si sono incontrati un uomo di spettacolo ed un politico
rottamatore. Noi italiani andiamo pazzi per le sfide, i duelli
all'ultimo sangue, i confronti dialettici, specie se a questi diamo
il nome (di pura fantasia, ovviamente) di “dibattito politico”.
Non è che siano davvero importanti: sappiamo da decenni che quello
che viene detto durante questi “scontri” non avrà la minima
influenza sui destini nostri e della nazione. Il fatto è che i bar,
gli uffici, le fabbriche, i posti dove la gente si trova, insomma,
diventerebbero insopportabilmente noiosi se non ci fossero le
discussioni che nascono da avvenimenti come quelli che abbiamo visto
oggi: spettacoli “dal vivo”, inopinatamente gratuiti, durante i
quali il trasformare l'inutile in essenziale, arte nella quale noi
italiani non abbiamo rivali nell'universo, raggiunge l'apice.
Tra “uomo di spettacolo” e
“politico rottamatore” corre una differenza minima, per non dire
nulla. Entrambi possiedono una notevole capacità recitativa; a
distinguerli, semmai, c'è il fatto che mentre l'uomo di spettacolo
adotta sempre la stessa tecnica che ha imparato negli anni,
praticando questo nobile mestiere, il politico rottamatore deve
necessariamente essere capace di cambiare tecnica all'occorrenza, a
seconda, cioè, del tipo di elettore col quale intende comunicare, e
a seconda degli sbalzi di umore dei sondaggi di opinione, che dettano
e spesso mutano il copione da recitare.
Il copione di oggi, per ottenere il
successo, doveva essere parecchio originale: si trattava di mettere
in scena uno spettacolo degno del migliore teatro d'avanguardia,
difficilissimo da capire per un pubblico abituato a show tipo
Festival di Sanremo, ma è stato comunque di alto livello.
Uomo di spettacolo e politico
rottamatore, dopo essersi brevemente scambiati i convenevoli di rito,
sono passati agli insulti reciproci con la disinvoltura tipica del
teatro che fonde il “surreale” col “vero”, come
nell'irruzione Pirandelliana dei “sei personaggi in cerca
d'autore”, trasformandola, in questo caso, nei dei “due politici
in cerca di elettore” (Maestro, ovunque tu sia, abbi pietà di me
che non trovo un paragone meno blasfemo...).
La “mirabile” pièce di teatro
d'avanguardia è proseguita sull'onda degli insulti per pochi minuti,
poi, a sublimare il non-sense (tipico di questo genere teatrale),
l'esibizione si è spostata in sala stampa, dove i due contendenti,
in collaborazione con i giornalisti, per l'occasione nel ruolo di
“spalla”, hanno deciso a quali domande dovevano rispondere,
dimostrando di saper anche rifiutare di rispondere a domande
sgradite.
La recita si è quindi conclusa:
l'Italia, come previsto, avrà un “uomo di spettacolo” come
prossimo Presidente del Consiglio, mentre il “politico rottamatore”
se ne torna a casa sua, a Genova.
Dicono che il Festival di Sanremo stia
perdendo consensi. In effetti è uno spettacolo abbastanza monotono
anche secondo me. Ci vorrebbe, per farlo piacere di nuovo, quello che
i francesi chiamano “un coup de thèatre”: magari l'irruzione
Pirandelliana di un “politico rottamatore” e un “uomo di
spettacolo”, che assieme, sul palco, al culmine della serata, si
esibiscono nel loro duetto preferito: “Don't play that song (you
lied)”.
Marco Bertelli