venerdì 12 luglio 2013

Falene e Farfalle - 2^ e ultima parte

continua dalla prima parte

Una notte di inizio estate era fuori ad attenderlo, e lui, senza pensare a come l'avrebbe trascorsa, le corse incontro. La sua automobile lo accolse entusiasta, conscia del fatto che, quella notte, l'itinerario sarebbe stato ben diverso dal solito, diurno, nervoso sfrecciare su tangenziali trafficate e brusco frenare davanti a semafori di umore mutevole, tiranni del traffico cittadino. Sul sedile a fianco giaceva un cd, gentile omaggio di Vanessa, segretaria alla reception della sua azienda. Lei era l'unica che pareva non stupirsi dei suoi discorsi sulle falene, gli aveva dato il cd quella sera stessa, prima di uscire dall'ufficio, con la raccomandazione di ascoltarselo di notte, mentre guidava. Lui pensava che era strano che Vanessa, con la quale non aveva un rapporto granchè confidenziale, avesse quasi indovinato i suoi programmi per la serata, ma di stranezze era intrisa tutta la sua vita nelle ultime settimane, quindi non diede troppo peso all'episodio. Fu veloce, l'automobile, a scrollarsi di dosso le angherie del traffico metropolitano di un inizio week-end monotono e già stanco, e in breve tempo si era lasciata dietro di sé le luci della città, rese fioche dalla nebbia di falene che nottetempo si infittiva, formando quasi una cappa, che si aggiungeva a quella già esistente, fatta di fumi industriali e nevrosi umane. Così, improvvisamente, lui si accorse che la Notte, quella vera, aveva ben altre luci, e che il Buio era pieno di colori intriganti. La sbarra del casello dell'autostrada si era appena alzata, aprendo il sipario sull'asfalto notturno, il cd di Vanessa aveva appena iniziato a girare, lui cominciò a respirare sul serio, profondamente, abbandonando il "pensare" e abbandonandosi alla Vita. La musica cominciò ad invadere l'aria: un preludio di tastiere elettroniche, con sottofondo di acqua che scorre calma, una voce femminile dolcissima, quasi diafana, intonava una melodia struggente. Poi, quasi dal niente, il ritmo crescente di percussioni, e ancora suoni melodiosi di tastiere elettroniche che andavano a sovrapporsi al tutto. Il ritmo diveniva sempre più selvaggio e i suoni campionati disegnavano florilegi nell'aria. La luce della Luna piena, fortissima, sembrava riflettere oltre i raggi del Sole dal lato opposto del cosmo, anche i suoni celestiali della sua auto, amplificandoli, per la gioia di tutte le stelle che trapuntavano come diamanti tutto l'arazzo della volta celeste. Lui fu preso da una strana estasi. Aveva la netta sensazione che non fosse più la sua vettura a scorrere veloce sull'asfalto, ma questo a scorrere sotto le sue quattro ruote, ferme, passive. Era una sensazione vivida: lui, immobile col volante in mano, vedeva la strada, il paesaggio e la notte, venirgli incontro, quasi fossero cose vive, che lo invitavano ad entrare in scenari sempre nuovi, al ritmo di una musica artificiale, ma che sprigionava melodie sovrumane, quasi divine. La sensazione si prolungava, sino ad aderire perfettamente a qualcosa che lui percepì come “realtà”.
In quel preciso istante, la vide. Era una farfalla dalle ali bianche, immacolate; grandissima, bellissima. Aveva attraversato, muovendosi al ritmo della musica, tutto il cristallo del parabrezza anteriore, per andarsi a posare dolcemente sullo specchietto retrovisore esterno. Poteva vederla lì, a pochi centimetri dal suo naso. Lui fu colto da meraviglia infantile, e la gioia che aveva preso il suo cuore si espanse a dismisura quando vide arrivare le altre farfalle. Erano tantissime, coloratissime, le loro ali sembravano disegnate dal Divino in persona, e sicuramente, pensò lui, non poteva che essere così. Lui abbassò il finestrino, e le farfalle, che continuavano ad arrivare a lui sempre più numerose, magnificarono del palpito delle loro ali anche l'interno dell'auto. Frattanto, fuori, il paesaggio aveva improvvisamente smesso di scorrere, e si era fermato. Le farfalle improvvisamente scesero dall'auto, e lui le seguì.
Al posto di quello che, a rigor di logica, avrebbe dovuto essere una normale stazione di servizio autostradale, era una specie di ritrovo notturno. La scritta luminosa, sopra, recitava “Crazy Butterfly”, lampeggiando alternativamente di blu, verde, giallo e rosso. Entrò, preceduto dalle sue farfalle. Nessuno gli domandò il biglietto. Dentro il locale risuonava la stessa musica che l'aveva accompagnato nell'auto. L'ambiente era pieno di farfalle dai colori magnifici, che volteggiavano a tempo di musica deliziando i presenti, un pubblico di persone di tutte le età che gli sorridevano e sembravano lieti di vederlo aggiungersi alla loro compagnia, e al bancone bar, con sua sorpresa, incontrò Vanessa, l'amica della reception della ditta, che gli stava sorridendo e sorseggiava un cocktail.
“Tu ...qui?” disse lui.
“Io sono sempre stata qui” rispose lei sorridendogli.“piuttosto” proseguì lei “benvenuto a te, tra le farfalle”.
“Io credevo che si fossero estinte” disse lui “non vedevo che falene in giro”.
“Oh, le falene” riprese lei, “quelle siamo sempre noi farfalle”.
“Come sarebbe a dire?” chiese lui stupito.
“Non esistono falene e farfalle, quelle che vedi in città siamo sempre noi farfalle che ci travestiamo da falene. Lo facciamo per provocare. Per vedere quanti tra voi se ne accorgono, e quanti restano indifferenti” rispose lei.
“Ma cos'è, uno scherzo? Io avevo preso sul serio 'sta cosa, ed ora invece salta fuori che è una presa in giro!!!” sbottò lui, oltre che sorpreso, lievemente irritato.
“Beh, non credo sia uno scherzo. Quando ci viene ordinato di fare qualcosa, in genere, è roba seria”, disse lei tranquilla.
“Ordinato? Chi ve l'ha ordinato?” inquisì lui.
“L'istinto, l'intuizione. Viene da Madre Natura, o da Dio, adesso non so bene... Anche tu comunque ce l'hai, ricordi? Altrimenti cosa ci faresti qui, se non avessi intuito che qualcosa laggiù, in città, non andava?” disse lei serenamente.
“Perchè? Che senso può avere tutto questo?” domandò lui, mentre vedeva volteggiare meravigliose farfalle e ridere di felicità alcuni presenti.
“Beh, a quanto pare, ogni tanto, nel mondo, c'è qualcosa di vecchio che deve morire e qualcosa di nuovo che deve nascere. Il mondo deve cambiare, e pare abbiano deciso che il momento sia arrivato. Fenomeni anomali come quello di noi farfalle servono a segnalare che le cose stanno cambiando e aiutano le persone che se ne accorgono a scegliere. Tu stai conoscendo la differenza tra farfalle e falene. Così puoi scegliere. Che ne dici, ti piace qui?”, disse lei, alludendo, con un gesto della mano, al posto dove si trovavano.
Lui guardò negli occhi Vanessa, sorrise, ed ordinò al barista il cocktail specialità della casa.
Quella notte fu lunghissima, sembrò non finire mai.

Il lunedì successivo, lui si presentò in ufficio, puntuale come sempre. Sorrise a tutti gli sguardi perplessi dei colleghi, mostrò di ascoltare attentamente le critiche che il capo gli rivolgeva sulla pochezza dei risultati che aveva ottenuto la settimana precedente. Rise, senza farsi troppo notare, delle ossequiose risate di scherno dei colleghi, e del loro riverente buonumore diffuso.
Cominciò la nuova settimana disteso e sereno. Attorno a lui volavano solo Farfalle.

Marco Bertelli

giovedì 11 luglio 2013

Falene e Farfalle - Parte 1^

“Non c'è Luce nella luce del giorno. C'è solo nebbia. Una nebbia potente, tanto da sembrare invisibile, tanto da intrappolare la mente e addormentare il Cuore”.
Un pensiero ad alta voce, improvviso e perentorio, sussurrato alle gocce d'acqua che, indifferenti, scendevano nella doccia e correvano ad abbracciare le essenze di sandalo che aspettavano nel bagnoschiuma, versato abbondante sulla pelle già umida, per poi evolvere in un profumo dolce e inebriante. Lui sapeva che a nessun altro quel suo pensiero poteva essere rivelato. Ne era certo, perchè da un po' di tempo vedeva correre i suoi pensieri, come spinti da un'incontrollabile forza, lontano da quelli delle persone che popolavano la sua quotidianità.
A causa delle falene. Ce n'era un'invasione. Da qualche settimana a quella parte se ne incontravano ovunque, a stormi: per strada, nei bar, nei centri commerciali, nelle fabbriche, nelle officine, negli uffici. Persino nel suo climatizzatissimo e modernissimo ufficio, sede di una famosissima compagnia telefonica internazionale, che da lui, suo agente di vendita, si aspettava fatturati sempre più strabordantissimi.
Non è che lui odiasse le falene, anzi, gli erano anche simpatiche, e poi sapeva che erano del tutto inoffensive; il fatto è che le falene dovrebbero vivere di notte e nelle zone ad alto tasso di vegetazione. Cosa ci facevano (così numerose, tra l'altro) attaccate agli scappamenti delle auto in coda sulla tangenziale, o tra gli scaffali dei detersivi al supermercato, o sulla punta dei trapani negli studi dentistici, o sopra i display dei registratori di cassa delle farmacie, o nel portapenne sulla scrivania del suo capo, tra il tagliacarte d'argento e la Mont Blanc d'oro?
Aveva provato a parlarne in giro, ai suoi colleghi in primis: nessuno sembrava notare il fenomeno. “Ho da far firmare i contratti io, altro che pensare agli insetti, mica mi pagano le tasse quelli. Dovresti pensarci anche tu, sai? Per gli insetti c'è l'apposito spray insetticida”, questa era la risposta che veniva pedissequamente ripetuta da ogni bocca di collega, dopo che le rispettive orecchie avevano udito la domanda: “Ma hai visto quante falene ci sono in giro? Non ti sembra strano?”.
“Le falene sono innocue farfalle notturne, non zanzare-tigre. E poi un insetticida non le farebbe nemmeno starnutire. Stamattina, mentre ero all'ingorgo, ne ho contate ventitre che danzavano allegramente la samba dentro una nuvola diesel che usciva dalla marmitta di un tir polacco. E' una cosa del tutto assurda e innaturale”, tentava di far notare lui. Ciò che gli altri sembravano notare, però, era quel suo strano incaponirsi su quello che, secondo loro, era un casuale, insignificante fenomeno. Il fatto che tv, giornali e web, quasi non facessero menzione di tale fenomeno, contribuiva in maniera determinante a rendere ancor più imbarazzante la sua posizione nei confronti dell'opinione pubblica, rappresentata non solo dai colleghi ma anche da amici abituali e i familiari, che per sua fortuna non vivevano con lui, essendo egli un single nel mezzo del cammin di sua vita.
Molteplici correnti di pensiero si erano diffuse a proposito del suo recente stato mentale, tra parenti e conoscenti vari:
“Ha bisogno di una donna, di un rapporto solido”, pensava chi gli voleva bene.
“Sta diventando deficiente”, il restante 98,7 %.
“Lo stiamo perdendo”, concordavano tutti.
Lui, dal canto suo, un po' si stupiva delle altrui opinioni nei suoi riguardi, ma, ciò nonostante, continuava a mostrare preoccupazione per il fenomeno delle falene.
“Come mai non si vedono più farfalle, con le loro meravigliose ali vellutate, dai colori più fantasmagorici? Mi basterebbe anche una farfalla con le ali bianche, ma non ne vedo più nemmeno di quelle. L'altro giorno, andando a visitare un cliente poco fuori città, sono passato vicino ad un bosco. Mi sono fermato, sono sceso dall'auto e sono andato a vedere se trovavo qualche farfalla. Macchè, solo sciami di falene. Rumorosissime. Ne ho viste che ronzavano attorno ad un cinghiale che mi ha guardato preoccupato prima di addentrarsi nel bosco, scocciatissimo. Quasi fosse colpa mia...”. Questo fu il suo estemporaneo intervento, poco prudente secondo i più benevoli, effettuato nel corso della consueta riunione programmatico/motivatoria degli agenti di vendita del lunedì mattina, e che gli costò una serie di sguardi perplessi dei colleghi e osservazioni sarcastiche da parte del capo: “Ti vedo un po' strano ultimamente. Dicono alcuni tuoi colleghi, che da un po' di tempo ti interessi parecchio agli insetti, ma quel che è grave è che lo dice anche il report del tuo fatturato. Che pensi di fare? In questa azienda non è prevista la mansione di insettologo”.
Ossequiose risate di scherno dei presenti, riverente buonumore diffuso.
“Le falene non sono soltanto insetti, sono farfalle notturne, non dovrebbero girare a sciami di giorno. E poi si dice entomologo, non insettologo”, la sua laconica replica.
Imbarazzo generale. Silenzio. Il fatturato complessivo del gruppo di agenti, la settimana precedente, non era stato poi così disastroso. Il capo, pietosamente, decise di soprassedere.
Quell'osservazione del capo, però, fu il preludio di una settimana piuttosto deludente per lui. Continuava ad osservare quel fenomeno alquanto anomalo, e la parallela indifferenza altrui. Osservava, e questo era ancor più deludente, come i clienti si mostrassero ritrosi ad accettare proposte da un agente di vendita, simpatico sì, ma più incline all'entomologia che agli aspetti economici del contratto da firmare. Certo, lui si rendeva conto che non era tenuto a parlare di falene e farfalle durante le trattative, ma per lui era un impulso irresistibile, che non poteva e forse, in cuor suo, non voleva controllare. Un impulso che non sapeva bene da dove arrivasse, ma che sentiva di dover assecondare, quasi nascondesse in sé una rivelazione: ma quale?
Per il momento, l'unica cosa che a lui si era rivelata, era la spaccatura tra egli stesso e il mondo, evidenziatasi nella progressiva perdita di sintonia con gli schemi e i pensieri che, sino a poco prima, gli erano abituali. Spaccatura che si manifestava sempre più macroscopica nell'atteggiamento degli amici che era solito frequentare, e che ultimamente non gli chiedevano nemmeno più quali proposte avesse per il fine settimana, tali da rendere meno doloroso e noioso il passaggio del tempo che intercorreva tra le sei del venerdì sera e le otto del lunedì mattina successivo. Era da un po' che lui non riusciva più a pronunciare alcune parole, tra cui “stadio”, “pub”, “birreria”, “pizzeria”, “ristorante” e “discoteca”. Per i suoi amici questo suonava parecchio male; per loro, lui era diventato simile ad un soldato che non ricordava più la parola d'ordine, e che per questo non poteva essere riconosciuto come amico dalla sentinella di guardia al sacro altare del week-end.
Lui, in fondo, non se ne rammaricava più di tanto. Piuttosto, gli mancavano le farfalle. Questo, a ben vedere, era ciò che lo sconfortava più di tutto.
Così, quel venerdì sera, sotto la doccia, quell'improvviso pensiero. Quella nuova rivelazione che la sua voce rapiva dal cuore: “ Non c'è Luce nella luce del giorno. C'è solo nebbia....”. 

Fine prima parte
 

Marco Bertelli