venerdì 8 marzo 2013

L'uomo e la Luna

Da tempo l'uomo aveva perso il sonno. Durante la frenesia del giorno sentiva sgretolarsi dentro l'Amore, la Bellezza, la Forza e la Gioia di vivere. La notte, nella sua solitudine, i suoi amati sogni che oramai si erano realizzati e che gli avevano donato tutto quello che credeva di desiderare, non lo venivano più a trovare.
Lo visitavano invece dei pensieri cupi che facevano a botte fra loro, impunemente, nella sua testa.
Il pensiero dell'insoddisfazione si avvinghiava al senso di colpa e lo trascinava al suolo in una lotta incessante, nella quale nessuno dei due aveva la meglio sull'altro ma entrambi trionfavano sulla sua pace.
Quella sera, esasperato, decise di uscire e di farsi trascinare dalla notte, mettendosi nelle sue buie mani.
Vagò senza chiedersi quale fosse la meta, camminando per chilometri e chilometri fuori dalla città. Si addentrò in una foresta, fitta di voci notturne che non aveva mai conosciuto, e di alberi che a malapena lasciavano intravedere un magnifico cielo stellato, nel quale si stagliava il corpo celeste più vicino e luminoso: la Luna.
Fu a causa di un distratto, quasi casuale sguardo verso l'alto che l'uomo si accorse di lei. La sua bianca luce e la sua forma così perfetta rapirono la sua attenzione. Si fermò a guardarla e subito fu preso dallo strano desiderio di avvicinarsi per vederla nella sua completezza.
Quasi per incanto si materializzò davanti ai suoi occhi una collina, su cui cominciò a salire.
Ad ogni passo verso l'alto la Luna gli appariva sempre più grande e luminosa, mentre gli alberi pian piano scomparivano sotto di lui, facendosi più piccoli. Giunto che fu in cima, la Luna era grandissima, tanto da coprire quasi tutta la volta celeste, e la sua luce era bellissima, tanto da togliere il fiato.
Era così vicina e vera che, quasi istintivamente, allungò la mano per toccarla, e la toccò.
All'istante l'uomo si sentì pervaso da un grandissimo senso di pace e da una gioia che mai avrebbe immaginato si potessero provare. “Ecco cosa cercavo, ecco cosa mi era sempre mancato” pensò l'uomo, “ecco cosa debbo possedere per essere felice”.
“Come posso fare per portarti via e tenerti sempre vicino a me?” Domandò gridando l'uomo, credendo di parlare al nulla e non aspettandosi nessuna risposta.
La risposta però arrivò subito: era una risata, che la Luna gli rimandò, divertita da quella sua disperata e assurda domanda. L'uomo, sorpreso e quasi impaurito, ritrasse la mano, e mentre la sua risata continuava, la Luna divenne piccolissima e lontana, confondendosi in un cielo tempestato di altre lontanissime stelle.
“Riesci ancora a vedermi adesso?” disse la Luna ironicamente e con un tono di sfida, “Sapresti riconoscermi tra tutte queste stelle?”.
Dopo aver fallito qualche goffo tentativo, indicando col dito l'astro sbagliato, l'uomo, deluso e indispettito, cercando di mascherare la propria frustrazione, gridò alla Luna: “Che senso ha tutto questo? Ti diverti così tanto a farmi sentire stupido? Io volevo solo darti il mio amore, e tu mi tratti con cattiveria”.
Allora la Luna si rimise a ridere di gusto, riapparve grandissima, luminosissima e vicinissima, così com'era qualche attimo prima, e rispose all'uomo: “Caro il mio bell'uomo, tutto questo ha senso, eccome. Per prima cosa io non sono stata affatto cattiva, ti ho solo dimostrato che tu non sei affatto sincero, perchè non è me che ami, ma l'ideale che tu hai di me, che è qualcosa che non mi riguarda; io sono un'altra cosa. E poi tu non mi ami affatto, perchè altrimenti mi avresti riconosciuto tra gli altri milioni di stelle. Ma preso com'eri dal desiderio di possedere me, non hai nemmeno pensato che anche un'altra stella qualsiasi del firmamento avrebbe potuto corrispondere al tuo ideale. Se tu credi di poter possedere, non potrai mai essere capace di amare. Del resto, se ci pensi bene, cos'è che ti ha spinto a venire quassù, se non il desiderio di possedere ciò che non avevi mai posseduto? E infine, se io mi fossi concessa a te, quanto tempo sarebbe passato prima che un nuovo desiderio di possesso ti facesse passare altre notti insonni?”
L'uomo si sentì cadere per terra, abbattuto dalle percosse che le parole della Luna gli avevano inferto. La Luna era davanti a lui, grandissima, luminosissima, bellissima, così come gli era apparsa la prima volta, ma ora non osava nemmeno sfiorarla con la mano che prima l'aveva toccata, procurandogli quella magnifica sensazione. Non aveva più parole, né pensieri ai quali attaccarsi per sentirsi meglio. La Luna lo guardò teneramente e si fece compassionevole. Prima di tornare a confondersi tra le altre stelle disse: “Io sarò sempre vicino a te, se mi saprai scegliere e se non desidererai mai di possedermi”.
L'uomo la guardò scomparire, rassegnato. Si coricò sull'erba della collina e aspettò l'alba senza pensare a niente. Mentre il Sole stava sorgendo il suo sguardo era ancora rivolto al cielo, e notò che mentre la luce del giorno si faceva sempre più forte, le stelle, anzichè dissolversi, sembravano cadere per terra.
Quando fece per alzarsi e prendere la strada del ritorno, si accorse che la foresta che aveva attraversato la notte prima, era sparita. Al suo posto c'era un'enorme distesa di fiori gialli. Avvicinandosi, vide che la foresta era diventata un immenso campo di mimose. Tantissime, almeno tante quante le Stelle che gli sembravano cadute dal cielo. L'uomo sorrise. Forse si sentiva Felice.
Era l'alba dell'otto marzo di un anno qualsiasi nella storia dell'umanità.

Marco Bertelli

Nessun commento:

Posta un commento