Da tempo l'uomo aveva perso il sonno. Durante
la frenesia del giorno sentiva sgretolarsi dentro l'Amore, la
Bellezza, la Forza e la Gioia di vivere. La notte, nella sua
solitudine, i suoi amati sogni che oramai si erano realizzati e che
gli avevano donato tutto quello che credeva di desiderare, non lo
venivano più a trovare.
Lo visitavano invece dei pensieri cupi
che facevano a botte fra loro, impunemente, nella sua testa.
Il pensiero dell'insoddisfazione si
avvinghiava al senso di colpa e lo trascinava al suolo in una lotta
incessante, nella quale nessuno dei due aveva la meglio sull'altro ma
entrambi trionfavano sulla sua pace.
Quella sera, esasperato, decise di
uscire e di farsi trascinare dalla notte, mettendosi nelle sue buie
mani.
Vagò senza chiedersi quale fosse la
meta, camminando per chilometri e chilometri fuori dalla città. Si
addentrò in una foresta, fitta di voci notturne che non aveva mai
conosciuto, e di alberi che a malapena lasciavano intravedere un
magnifico cielo stellato, nel quale si stagliava il corpo celeste più
vicino e luminoso: la Luna.
Fu a causa di un distratto, quasi
casuale sguardo verso l'alto che l'uomo si accorse di lei. La sua
bianca luce e la sua forma così perfetta rapirono la sua attenzione.
Si fermò a guardarla e subito fu preso dallo strano desiderio di
avvicinarsi per vederla nella sua completezza.
Quasi per incanto si materializzò
davanti ai suoi occhi una collina, su cui cominciò a salire.
Ad ogni passo verso l'alto la Luna gli
appariva sempre più grande e luminosa, mentre gli alberi pian piano
scomparivano sotto di lui, facendosi più piccoli. Giunto che fu in
cima, la Luna era grandissima, tanto da coprire quasi tutta la volta
celeste, e la sua luce era bellissima, tanto da togliere il fiato.
Era così vicina e vera che, quasi
istintivamente, allungò la mano per toccarla, e la toccò.
All'istante l'uomo si sentì pervaso da
un grandissimo senso di pace e da una gioia che mai avrebbe
immaginato si potessero provare. “Ecco cosa cercavo, ecco cosa mi
era sempre mancato” pensò l'uomo, “ecco cosa debbo possedere per
essere felice”.
“Come posso fare per portarti via e
tenerti sempre vicino a me?” Domandò gridando l'uomo, credendo di
parlare al nulla e non aspettandosi nessuna risposta.
La risposta però arrivò subito: era
una risata, che la Luna gli rimandò, divertita da quella sua
disperata e assurda domanda. L'uomo, sorpreso e quasi impaurito,
ritrasse la mano, e mentre la sua risata continuava, la Luna divenne
piccolissima e lontana, confondendosi in un cielo tempestato di altre
lontanissime stelle.
“Riesci ancora a vedermi adesso?”
disse la Luna ironicamente e con un tono di sfida, “Sapresti
riconoscermi tra tutte queste stelle?”.
Dopo aver fallito qualche goffo
tentativo, indicando col dito l'astro sbagliato, l'uomo, deluso e
indispettito, cercando di mascherare la propria frustrazione, gridò
alla Luna: “Che senso ha tutto questo? Ti diverti così tanto a
farmi sentire stupido? Io volevo solo darti il mio amore, e tu mi
tratti con cattiveria”.
Allora la Luna si rimise a ridere di
gusto, riapparve grandissima, luminosissima e vicinissima, così
com'era qualche attimo prima, e rispose all'uomo: “Caro il mio
bell'uomo, tutto questo ha senso, eccome. Per prima cosa io non sono
stata affatto cattiva, ti ho solo dimostrato che tu non sei affatto
sincero, perchè non è me che ami, ma l'ideale che tu hai di me, che
è qualcosa che non mi riguarda; io sono un'altra cosa. E poi tu non
mi ami affatto, perchè altrimenti mi avresti riconosciuto tra gli
altri milioni di stelle. Ma preso com'eri dal desiderio di possedere
me, non hai nemmeno pensato che anche un'altra stella qualsiasi del
firmamento avrebbe potuto corrispondere al tuo ideale. Se tu credi di
poter possedere, non potrai mai essere capace di amare. Del resto, se
ci pensi bene, cos'è che ti ha spinto a venire quassù, se non il
desiderio di possedere ciò che non avevi mai posseduto? E infine, se
io mi fossi concessa a te, quanto tempo sarebbe passato prima che un
nuovo desiderio di possesso ti facesse passare altre notti insonni?”
L'uomo si sentì cadere per terra,
abbattuto dalle percosse che le parole della Luna gli avevano
inferto. La Luna era davanti a lui, grandissima, luminosissima,
bellissima, così come gli era apparsa la prima volta, ma ora non
osava nemmeno sfiorarla con la mano che prima l'aveva toccata,
procurandogli quella magnifica sensazione. Non aveva più parole, né
pensieri ai quali attaccarsi per sentirsi meglio. La Luna lo guardò
teneramente e si fece compassionevole. Prima di tornare a confondersi
tra le altre stelle disse: “Io sarò sempre vicino a te, se mi
saprai scegliere e se non desidererai mai di possedermi”.
L'uomo la guardò scomparire,
rassegnato. Si coricò sull'erba della collina e aspettò l'alba
senza pensare a niente. Mentre il Sole stava sorgendo il suo sguardo
era ancora rivolto al cielo, e notò che mentre la luce del giorno si
faceva sempre più forte, le stelle, anzichè dissolversi, sembravano
cadere per terra.
Quando fece per alzarsi e prendere la
strada del ritorno, si accorse che la foresta che aveva attraversato
la notte prima, era sparita. Al suo posto c'era un'enorme distesa di
fiori gialli. Avvicinandosi, vide che la foresta era diventata un
immenso campo di mimose. Tantissime, almeno tante quante le Stelle
che gli sembravano cadute dal cielo. L'uomo sorrise. Forse si sentiva
Felice.
Era l'alba dell'otto marzo di un anno
qualsiasi nella storia dell'umanità.
Marco Bertelli
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