Nella prima parte si accennava al fatto che oggi non possiamo più disporre pienamente delle “libertà” che fino a pochi mesi fa eravamo “convinti di possedere”. Si potrebbe esprimere più precisamente il concetto asserendo che da quando ci hanno imposto il famigerato lockdown non ci sentiamo più “liberi”. In pratica, ci stiamo accorgendo (più o meno inconsciamente) che in realtà non siamo stati mai veramente in possesso delle nostre individuali e fondamentali “libertà”, perchè se queste ci possono essere tolte dall'oggi al domani da altrui decreto, significa che non sono mai state nostre, e questo indipendentemente dal fatto che i decreti siano da ritenersi “giusti” o “sbagliati”.
Certo, il concetto di “libertà” è talmente
ampio e dispersivo nei significati che gli si possono attribuire, che
è impensabile definirlo in poche righe; lascerei che siano filosofi
di professione e fama ad estrinsecarne i più profondi contenuti, io
mi limito a mettere la parola “libertà” tra virgolette, così da
lasciare, chiunque lo voglia, “libero” di dargli il significato
che preferisce; tanto, visti i tempi, la “libertà” è talmente
appiattita che praticamente nessuno può davvero travisarne il
significato corrente.
Ma se sappiamo a chi e a cosa
attribuire le attuali privazioni di “libertà”, a chi e a cosa
dobbiamo attribuire la mancanza di “libertà” che già avevamo in
passato?
C'è chi le chiama “forme/pensiero”
o “eggregore”, altri li chiamano “demoni”, altri ancora, meno
esotericamente, lo chiamano “conformismo”; qualcuno la vede come
conseguenza del consumismo, di cui è intrisa “l'anima” del
nostro tempo, altri lo concepiscono come un effetto collaterale
indesiderato (ma neanche tanto) del pur necessario “sviluppo
economico” (ma fino a quando si potrà mai “sviluppare” questa
“economia”?). Fatto sta che le minacce alla “libertà” tutti
le vedevano, ma nessuno se ne è mai accorto. Solo oggi non ci
sentiamo più “liberi”.
Questo è un mio ricordo che risale a
circa cinque anni fa.
“Vagavo nel nulla, cercando il tutto,
come sempre.
Stavolta, però, ho provato a cercarlo
nell'ampia metratura di un supermercato: ero convinto che a casa mancasse qualcosa per la cena, ma appena sono entrato mi sono
ricordato che la dispensa era piena di cose che potevano risolvere il
problema della cena. Ma ero già entrato, non mi andava di uscire dal
nulla con nulla. Quindi ho cominciato a guardare i prodotti, con la
speranza di trovare qualcosa che mi coinvolgesse. Al reparto frutta e
verdura, tra melanzane dalle dimensioni di angurie e carciofi che
sembravano tristi come salici piangenti, ho trovato un "signora
mia, ha visto come sono aumentate le zucchine? ... no, non intendo la
loro taglia, ma il prezzo" cui ha ribattuto un "ha fatto
bene a dirlo, perchè 3 euro al chilo per delle cucurbitacee verdi,
infondo, sono troppe. Ma si sposti, stia attenta all'extracomunitario
di colore che la sta per urtare col carrello: è così pieno che non
vede dove sta andando e se la urta le potrebbe scalfire il visone...
naturale, pelo folto, non è vero?".
Scappo disperato al reparto biscotti, e
mi imbatto in un "beh, quasi quasi mi compro sei pacchi di
frollini del porcile azzurro. Legga qui: privi di lattosio, glucosio,
ambrosio, destrosio, sinistrosio, simposio e Niccolò Carosio; adatti
per chi soffre di stipsi, pepsi, frizzi e lazzi. C'è in omaggio
anche la foto di Craxi. Che ne dice lei?". Non mi capacito che
quel signore, avvolto e sigillato nel suo loden, chieda proprio a me
un parere su una decisione così vitale per lui. Mi faccio forza e
dico: "Quaxi, quaxi...".
Comincio a sudare, proprio quando mi
avvicino al reparto surgelati, dove, quasi aspettasse il mio arrivo,
una vecchia bretone con un cappello e un ombrello di carta di riso e
canna di bambù, quasi mi salta negli occhi con un "E' dolce ma
magro, è squisito e non farlocco. Che cos'è?". E io "Certo,
non son sciocco, se affermo, deciso, ch'è il suo nuovo conogelato al
cocco, della nota marca 'quel che natura crea io non tocco' ".
La vecchia bretone, entusiasta della mia pronta risposta, è colta da
delirio di felicità e lancia con forza in alto il suo ombrello che
ricadendo a punta in giù va a conficcarsi proprio dentro un
passeggino spinto distrattamente da una signora truccatissima
taccododici, più intenta a conversare con la promoter del nuovo
rossetto Labbrad'or.
Io mi sento in trappola. Da una cella
frigorifera estraggo a sorte una scatolina di basilico tritato
surgelato e cerco di fuggire verso la cassa, che è a circa venti
metri da me, ma dopo due metri mi spiaccico contro la fila di gente
che aspetta di saldare il conto della spesa.
Diciotto metri di fila o spaghetti al
pomodoro senza basilico? Ecchecazz... piuttosto il digiuno.
Meglio il nulla al tutto. Soprattutto
se il tutto è nulla.”
Marco Bertelli
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