lunedì 23 novembre 2020

Rapsodia di ricordi - 2^ parte

 


Nella prima parte si accennava al fatto che oggi non possiamo più disporre pienamente delle “libertà” che fino a pochi mesi fa eravamo “convinti di possedere”. Si potrebbe esprimere più precisamente il concetto asserendo che da quando ci hanno imposto il famigerato lockdown non ci sentiamo più “liberi”. In pratica, ci stiamo accorgendo (più o meno inconsciamente) che in realtà non siamo stati mai veramente in possesso delle nostre individuali e fondamentali “libertà”, perchè se queste ci possono essere tolte dall'oggi al domani da altrui decreto, significa che non sono mai state nostre, e questo indipendentemente dal fatto che i decreti siano da ritenersi “giusti” o “sbagliati”. 

Certo, il concetto di “libertà” è talmente ampio e dispersivo nei significati che gli si possono attribuire, che è impensabile definirlo in poche righe; lascerei che siano filosofi di professione e fama ad estrinsecarne i più profondi contenuti, io mi limito a mettere la parola “libertà” tra virgolette, così da lasciare, chiunque lo voglia, “libero” di dargli il significato che preferisce; tanto, visti i tempi, la “libertà” è talmente appiattita che praticamente nessuno può davvero travisarne il significato corrente.
Ma se sappiamo a chi e a cosa attribuire le attuali privazioni di “libertà”, a chi e a cosa dobbiamo attribuire la mancanza di “libertà” che già avevamo in passato?
C'è chi le chiama “forme/pensiero” o “eggregore”, altri li chiamano “demoni”, altri ancora, meno esotericamente, lo chiamano “conformismo”; qualcuno la vede come conseguenza del consumismo, di cui è intrisa “l'anima” del nostro tempo, altri lo concepiscono come un effetto collaterale indesiderato (ma neanche tanto) del pur necessario “sviluppo economico” (ma fino a quando si potrà mai “sviluppare” questa “economia”?). Fatto sta che le minacce alla “libertà” tutti le vedevano, ma nessuno se ne è mai accorto. Solo oggi non ci sentiamo più “liberi”.
Questo è un mio ricordo che risale a circa cinque anni fa.
 
“Vagavo nel nulla, cercando il tutto, come sempre. 
Stavolta, però, ho provato a cercarlo nell'ampia metratura di un supermercato: ero convinto che a casa mancasse qualcosa per la cena, ma appena sono entrato mi sono ricordato che la dispensa era piena di cose che potevano risolvere il problema della cena. Ma ero già entrato, non mi andava di uscire dal nulla con nulla. Quindi ho cominciato a guardare i prodotti, con la speranza di trovare qualcosa che mi coinvolgesse. Al reparto frutta e verdura, tra melanzane dalle dimensioni di angurie e carciofi che sembravano tristi come salici piangenti, ho trovato un "signora mia, ha visto come sono aumentate le zucchine? ... no, non intendo la loro taglia, ma il prezzo" cui ha ribattuto un "ha fatto bene a dirlo, perchè 3 euro al chilo per delle cucurbitacee verdi, infondo, sono troppe. Ma si sposti, stia attenta all'extracomunitario di colore che la sta per urtare col carrello: è così pieno che non vede dove sta andando e se la urta le potrebbe scalfire il visone... naturale, pelo folto, non è vero?".
Scappo disperato al reparto biscotti, e mi imbatto in un "beh, quasi quasi mi compro sei pacchi di frollini del porcile azzurro. Legga qui: privi di lattosio, glucosio, ambrosio, destrosio, sinistrosio, simposio e Niccolò Carosio; adatti per chi soffre di stipsi, pepsi, frizzi e lazzi. C'è in omaggio anche la foto di Craxi. Che ne dice lei?". Non mi capacito che quel signore, avvolto e sigillato nel suo loden, chieda proprio a me un parere su una decisione così vitale per lui. Mi faccio forza e dico: "Quaxi, quaxi...".
Comincio a sudare, proprio quando mi avvicino al reparto surgelati, dove, quasi aspettasse il mio arrivo, una vecchia bretone con un cappello e un ombrello di carta di riso e canna di bambù, quasi mi salta negli occhi con un "E' dolce ma magro, è squisito e non farlocco. Che cos'è?". E io "Certo, non son sciocco, se affermo, deciso, ch'è il suo nuovo conogelato al cocco, della nota marca 'quel che natura crea io non tocco' ". La vecchia bretone, entusiasta della mia pronta risposta, è colta da delirio di felicità e lancia con forza in alto il suo ombrello che ricadendo a punta in giù va a conficcarsi proprio dentro un passeggino spinto distrattamente da una signora truccatissima taccododici, più intenta a conversare con la promoter del nuovo rossetto Labbrad'or.
Io mi sento in trappola. Da una cella frigorifera estraggo a sorte una scatolina di basilico tritato surgelato e cerco di fuggire verso la cassa, che è a circa venti metri da me, ma dopo due metri mi spiaccico contro la fila di gente che aspetta di saldare il conto della spesa.
Diciotto metri di fila o spaghetti al pomodoro senza basilico? Ecchecazz... piuttosto il digiuno.
Meglio il nulla al tutto. Soprattutto se il tutto è nulla.”
 
Marco Bertelli 




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