La categoria dei pensionati, che molti pensano in Italia sia una specie in via di estinzione a causa di un welfare dagli sviluppi sempre più incerti, è invece viva e vegeta, variegata e variopinta.
L'icona classica del pensionato,
diffusissima nelle città medio-grandi, è quella del rompicoglioni
con cappotto grigio scuro e “borsalino” in testa, che, qual
“bounty killer”, se ne va per cantieri stradali, già durante le
primissime ore del mattino, ad impestare di commenti astrusi e
consigli inopportuni lo stato d'animo, già di per se' tormentato,
degli operai che faticosamente tentano di guadagnarsi a loro volta lo
status di pensionato. Il proverbiale italico coraggio, che solo pochi
decenni fa si realizzava nelle eroiche gesta di un Salvo d'Acquisto,
o di migliaia di eroi partigiani che hanno sfidato il loro proprio
destino per donarci quel suolo da calpestare dignitosamente che
avremmo dovuto trattare come la nostra Patria, oggi si estrinseca
nello sfidare roteanti badili di operai psicologicamente esausti,
altrimenti operosi.
Esistono anche altri tipi pensionati,
ovviamente, molto più rilassati e rilassanti. Affollano bar
cittadini e osterie di provincia. Giocano a carte, alcuni a scacchi, e
gustano il nettare di bacco.
Le colleghe signore sorseggiano
caffettini e ingurgitano croissants, mentre a bassa voce squartano,
quali sapienti macellaie, l'integrità morale delle persone che
adorano invidiare. Regalano, insomma, scampoli di futuro da
pensionato a gestori di locali pubblici e loro avventori in età da
lavoro.
Il comun denominatore di tutte le
sottocategorie di pensionato (ce ne sono altre, oltre a quelle di cui
sopra), è il fatto che le persone che vi appartengono galleggiano,
per così dire, in una sorta di limbo, una zona d'ombra schiacciata
tra il presente e il passato, nella quale chi vi si trova non si
riconosce apertamente in una prospettiva futura. E' come se si fosse
eretto un muro in un giardino, che preclude la vista e di conseguenza
l'accesso, ad una zona fino a ieri visibile ed accessibile,
quell'orizzonte che si chiama futuro.
Non percependo come divieto questo
muro, gli abitanti di questo giardino, o limbo che dir si voglia,
fanno del loro meglio per “godersi” le pur ampie zone del posto
in cui si trovano.
Il posto si chiama “passato”, e
loro vivono di ciò che è passato ripetendone gesti, idee e
abitudini.
C'è chi vede i pensionati come ignari
topolini in trappola, c'è chi li vede invece come privilegiati che
si godono la loro rendita mensile.
Ciò che a mio avviso la stragrande
maggioranza delle persone non ancora pensionate sembra ignorare, è
che di fatto, a parte la suddetta rendita mensile, non esiste
praticamente nessuna differenza tra il loro status di persone
contribuenti “attive”, e quello dei più o meno allegri arzilli
anzianotti, quotidianamente affaccendati in attività
pseudoricreative come quelle sopra descritte.
Psicologicamente ed intellettualmente
non è rilevabile, a mio avviso, alcuna differenza nel modo di
pensare la propria vita tra un trenta/quarantenne impegnato
socialmente nel produrre e consumare, e un settanta/ottantenne
impegnato socialmente nello stressare un qualsiasi operaio di
cantiere stradale.
Anche l'aitante trenta/quarantenne
medio, infatti, vive con la testa rivolta al passato.Nessuna indagine di mercato, nessun
sondaggio demoscopico, per quanto recente e ben documentato, è in
grado di dimostrare quanto personalmente sostengo.
A sostenerlo oltre ogni ragionevole
dubbio, invece, sono i dati forniti dall'auditel.
Pare, infatti, che giovedi 10 gennaio
scorso, su un canale televisivo pubblico, circa 9 (nove) milioni di
persone abbiano assistito in collegamento “live” da non so quale
osteria di non so quale località della nostra bella penisola, ad una
accesa, viva (si fa per dire) discussione fra tre vecchi amici
pensionati, che pare non si incontrassero da un pezzo.
C'erano il pensionato Santoro,
dinosauro del piccolo schermo, il baby-pensionato Travaglio, che il
notevole talento letterario di cui madre natura l'ha dotato ama
usarlo come un boomerang, e infine il pensionato per eccellenza,
proprietario di diversi altri “bar” simili a quello da cui è
andato in onda “l'evento” e “utilizzatore finale” di tutti i
commenti benevoli e (soprattutto) non, che, grazie appunto a 9 (nove)
milioni di altri pensionati teleutenti, si sono sparsi nell'aere,
andandosi a spiaccicare negli altri (non meno pensionati) mass media,
non direttamente coinvolti, e cioè altri canali televisivi e stampa
di ogni padrone.
I tre vecchi amici, ritrovatisi nello
stesso bar dopo anni di finto (indiscutibilmente finto) odio a
distanza, hanno inscenato, pare con notevole successo (9 -nove-
milioni di tele pensionati davanti al video ad assistere) la vecchia
pantomima della partita a briscola, anche se mancava il quarto.
Vecchie idee, vecchie sfide fra loro,
vecchi ricordi, vecchi schemi di comportamento. Ripetuti. Sempre
quelli, gli stessi da decenni. Sempre con lo stesso intento: far
credere a chi guarda che sia meglio schierarsi da una parte piuttosto
che dall'altra, perchè è in questo modo che i pensionati che
guardano si sentono “vivi”.
Bisogna continuare a giocare alla
stessa briscola, mantenendo ciascuno il proprio ruolo. Non importa
vincere le partite a carte, al bar ci si va per stare in compagnia e
passare il tempo così, come si addice ai veri pensionati, che nel
limbo-giardino, dove non possono guardare al futuro a causa di quel
muro che li schiaccia nel passato, devono continuare a sentirsi vivi,
senza accorgersi di essere dei non-morti.
“Oste della malora, portami un altro fiasco di rosso, che se vinco questa partita, giuro sui miei nipoti che pago da bere a 9 (nove) milioni di pensionati!!!!”
Marco Bertelli
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