lunedì 14 gennaio 2013

Il giardino dei pensionati


La categoria dei pensionati, che molti pensano in Italia sia una specie in via di estinzione a causa di un welfare dagli sviluppi sempre più incerti, è invece viva e vegeta, variegata e variopinta.
L'icona classica del pensionato, diffusissima nelle città medio-grandi, è quella del rompicoglioni con cappotto grigio scuro e “borsalino” in testa, che, qual “bounty killer”, se ne va per cantieri stradali, già durante le primissime ore del mattino, ad impestare di commenti astrusi e consigli inopportuni lo stato d'animo, già di per se' tormentato, degli operai che faticosamente tentano di guadagnarsi a loro volta lo status di pensionato. Il proverbiale italico coraggio, che solo pochi decenni fa si realizzava nelle eroiche gesta di un Salvo d'Acquisto, o di migliaia di eroi partigiani che hanno sfidato il loro proprio destino per donarci quel suolo da calpestare dignitosamente che avremmo dovuto trattare come la nostra Patria, oggi si estrinseca nello sfidare roteanti badili di operai psicologicamente esausti, altrimenti operosi.
Esistono anche altri tipi pensionati, ovviamente, molto più rilassati e rilassanti. Affollano bar cittadini e osterie di provincia. Giocano a carte, alcuni a scacchi, e gustano il nettare di bacco.
Le colleghe signore sorseggiano caffettini e ingurgitano croissants, mentre a bassa voce squartano, quali sapienti macellaie, l'integrità morale delle persone che adorano invidiare. Regalano, insomma, scampoli di futuro da pensionato a gestori di locali pubblici e loro avventori in età da lavoro.
Il comun denominatore di tutte le sottocategorie di pensionato (ce ne sono altre, oltre a quelle di cui sopra), è il fatto che le persone che vi appartengono galleggiano, per così dire, in una sorta di limbo, una zona d'ombra schiacciata tra il presente e il passato, nella quale chi vi si trova non si riconosce apertamente in una prospettiva futura. E' come se si fosse eretto un muro in un giardino, che preclude la vista e di conseguenza l'accesso, ad una zona fino a ieri visibile ed accessibile, quell'orizzonte che si chiama futuro.
Non percependo come divieto questo muro, gli abitanti di questo giardino, o limbo che dir si voglia, fanno del loro meglio per “godersi” le pur ampie zone del posto in cui si trovano.
Il posto si chiama “passato”, e loro vivono di ciò che è passato ripetendone gesti, idee e abitudini.
C'è chi vede i pensionati come ignari topolini in trappola, c'è chi li vede invece come privilegiati che si godono la loro rendita mensile.
Ciò che a mio avviso la stragrande maggioranza delle persone non ancora pensionate sembra ignorare, è che di fatto, a parte la suddetta rendita mensile, non esiste praticamente nessuna differenza tra il loro status di persone contribuenti “attive”, e quello dei più o meno allegri arzilli anzianotti, quotidianamente affaccendati in attività pseudoricreative come quelle sopra descritte.
Psicologicamente ed intellettualmente non è rilevabile, a mio avviso, alcuna differenza nel modo di pensare la propria vita tra un trenta/quarantenne impegnato socialmente nel produrre e consumare, e un settanta/ottantenne impegnato socialmente nello stressare un qualsiasi operaio di cantiere stradale.
Anche l'aitante trenta/quarantenne medio, infatti, vive con la testa rivolta al passato.Nessuna indagine di mercato, nessun sondaggio demoscopico, per quanto recente e ben documentato, è in grado di dimostrare quanto personalmente sostengo.
A sostenerlo oltre ogni ragionevole dubbio, invece, sono i dati forniti dall'auditel.
Pare, infatti, che giovedi 10 gennaio scorso, su un canale televisivo pubblico, circa 9 (nove) milioni di persone abbiano assistito in collegamento “live” da non so quale osteria di non so quale località della nostra bella penisola, ad una accesa, viva (si fa per dire) discussione fra tre vecchi amici pensionati, che pare non si incontrassero da un pezzo.
C'erano il pensionato Santoro, dinosauro del piccolo schermo, il baby-pensionato Travaglio, che il notevole talento letterario di cui madre natura l'ha dotato ama usarlo come un boomerang, e infine il pensionato per eccellenza, proprietario di diversi altri “bar” simili a quello da cui è andato in onda “l'evento” e “utilizzatore finale” di tutti i commenti benevoli e (soprattutto) non, che, grazie appunto a 9 (nove) milioni di altri pensionati teleutenti, si sono sparsi nell'aere, andandosi a spiaccicare negli altri (non meno pensionati) mass media, non direttamente coinvolti, e cioè altri canali televisivi e stampa di ogni padrone.
I tre vecchi amici, ritrovatisi nello stesso bar dopo anni di finto (indiscutibilmente finto) odio a distanza, hanno inscenato, pare con notevole successo (9 -nove- milioni di tele pensionati davanti al video ad assistere) la vecchia pantomima della partita a briscola, anche se mancava il quarto.
Vecchie idee, vecchie sfide fra loro, vecchi ricordi, vecchi schemi di comportamento. Ripetuti. Sempre quelli, gli stessi da decenni. Sempre con lo stesso intento: far credere a chi guarda che sia meglio schierarsi da una parte piuttosto che dall'altra, perchè è in questo modo che i pensionati che guardano si sentono “vivi”.
Bisogna continuare a giocare alla stessa briscola, mantenendo ciascuno il proprio ruolo. Non importa vincere le partite a carte, al bar ci si va per stare in compagnia e passare il tempo così, come si addice ai veri pensionati, che nel limbo-giardino, dove non possono guardare al futuro a causa di quel muro che li schiaccia nel passato, devono continuare a sentirsi vivi, senza accorgersi di essere dei non-morti.

“Oste della malora, portami un altro fiasco di rosso, che se vinco questa partita, giuro sui miei nipoti che pago da bere a 9 (nove) milioni di pensionati!!!!”


Marco Bertelli





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