domenica 27 luglio 2014

LO SPECCHIO CONVESSO - di Franco Galvani prima parte


Una persona grassa lo sarà per sempre, continuerà a vedersi e sentirsi grassa anche dopo diete estenuanti, dopo centinaia di ore trascorse in palestra ed anche quando avrà perso metà dei suoi chili non si sentirà mai magra, con un fisico normale come quelli che ha invidiato per anni.
Una persona grassa è quella che abbassando lo sguardo vede due colline: il petto e oltre, ancora più evidente, il ventre, due colline che non gli consentono altra visuale, per guardare la fibbia della cintura e la punta dei piedi dovrà mettersi davanti allo specchio, quello specchio che lo accompagnerà per sempre come uno spietato antagonista di tutta una vita.
Una persona grassa sentirà rivolgersi sempre le stesse battute:
“ Ciao, hai messo su l’airbag? “
Oppure
“ Hei, si fa prima a saltarti che girarti intorno “.
Da adulto è possibile farsi una ragione di questo stato di cose, alcuni si creano una personalità legata al proprio fisico, riescono ed essere esteticamente interessanti e piacevoli ma solo i più forti ci riescono, gli altri, quelli che non ce la fanno fingono di non dare importanza alla cosa ma dentro di se continuano a invidiare coloro che per il loro fisico sembrano disinvolti in qualsiasi occasione, non soffiano come mantici facendo le scale o percorrendo una salita e non si coprono di sudore al minimo sforzo.
Una persona grassa è sempre sudata e ingombrante in ogni situazione perché si muove e agisce per quello che è.
Per lui vestirsi non è facile, vorrebbe essere come i magri che stanno bene con qualsiasi cosa indossino, dall’abito da cerimonia ai jeans strappati e una maglietta consunta, un grasso finisce sempre col vestirsi da grasso.
Le chiamano taglie forti, forse perché le cuciture devono sopportare tensioni maggiori di quelle degli abiti di taglia normale.
Un grasso si veste come un grasso, indossa vestiti sempre un po’ stretti come se questo lo facesse apparire migliore, la cintura dei pantaloni affonda nei fianchi evidenziando una specie di salvagente che cinge il corpo, i bottoni della camicia possono saltare via come proiettili solo con un respiro più profondo mentre la giacca riproduce impietosa le fattezze che ricopre. Durante l’inverno si sente tranquillo, come se maglione e piumino nascondessero ciò che è ma l’estate, quando deve mettersi a nudo, è una tortura. Deforma una maglietta già larga prima di indossarla perché sia ancora meno aderente, poi ci sono i pantaloncini che lo fanno stare fresco ma dai quali escono due gambe che camminando strisciano tra loro e a sera sono rosse e irritate nella parte interna come se fossero state su una graticola.
Un adulto spesso si rassegna, la sua costituzione è questa, lo è sempre stata e sempre lo sarà oppure in gioventù ha avuto anche un fisico atletico poi nel corso degli anni per pigrizia o stile di vita è cambiato e gli va bene così.
Essere grasso da piccoli come lo sono stato io è tutta un’altra cosa.
Incominciai a prendere peso intorno ai sei anni, all’inizio non diedi importanza a questa cosa, arrivai alla quinta elementare senza sentirmi diverso dagli altri, avevo una compagnia di amici con i quali mi ero inserito abbastanza bene, forse perché eravamo un gruppo parrocchiale e il prete predicava l’accoglienza o forse perché avevo trovato degli amici comprensivi, però rimanevo sempre in seconda fila, non sono mai stato un leader per una questione di carattere certo ma l’aspetto non mi aiutò. Nei giochi in cui bisognava correre spesso mi escludevo e nelle partite a calcio io ero il “ campo e palla “ ovvero la scelta della parte di terreno di gioco da dove cominciare la partita e la concessione del calcio d’inizio, una specie di benefit concesso alla squadra con un elemento non molto capace.
Verso i tredici anni incominciai a guardare le ragazze in modo diverso, non erano più soltanto compagne di giochi, i primi baci in qualche angolo o camminare tenendosi per mano erano cose impensabili per me, in certi momenti mi sentivo invisibile così capii che dovevo darmi una mano di vernice bella evidente e c’erano due metodi per farlo: diventare simpatico facendo ridere senza sembrare troppo un buffone oppure diventare intelligente parlando di problemi esistenziali con aria tenebrosa. Queste tecniche non sono la soluzione del problema, però aiutano.
Gli amici si scelgono, i compagni di classe no e trovarsi con una ventina di persone sconosciute non è facile per nessuno. A scuola, nei primi due anni delle medie non ero particolarmente brillante, le prese in giro per i brutti voti andavano ad aggiungersi a quelle per l’aspetto fisico, non riuscivo a entrare nei gruppi che si formavano all’interno della classe. Quando alcuni compagni si vedevano nel pomeriggio dopo la scuola non m’invitavano mai come pure alle feste di compleanno.
Un giorno parlando di questo con Nando, il fratello maggiore di un mio amico egli mi disse:
“ Picchia per primo e picchia forte “.
“ Ma non sono capace “ risposi
“ Tu picchia per primo e picchia forte “.
Qualche giorno dopo durante la ricreazione qualcuno fece una battuta, mi avvicinai a lui e con una spinta lo feci cadere a terra con una facilità che mi parve impossibile. Non ero particolarmente forte ma la mia massa fu sufficiente ad allontanare uno che pesava forse la metà di me. Stessa sorte toccò ad altri due che intervennero per difenderlo. Da quel giorno le battute su di me diminuirono notevolmente e pure il loro tono cambiò. Per quanto ricordo fu l’unica volta che usai la forza a scuola.

(continua)

Franco Galvani

Nessun commento:

Posta un commento