domenica 10 agosto 2014

ROCK 'N' ROLL ROBOT - di Franco Galvani


Salvatore ha un aspetto dimesso, cammina lentamente con la schiena leggermente ricurva e lentamente parla con voce incerta tenendomi una mano sul braccio, forse per paura che vada via prima che abbia finito di dirmi le poche parole che ci scambiamo quasi tutti i giorni nella piazza dove posteggio la macchina.
Lui è sempre lì, non l’ho mai visto in compagnia di qualcuno, ci scambiamo il buongiorno, qualche parola sul tempo, sul traffico che ha reso il quartiere invivibile mentre quando arrivò lui tanti anni prima era un paradiso o su sua moglie che da sempre ha qualche problema di salute. Anche io abito lì da parecchi anni ma di lui non ho che un ricordo recente, forse adesso è in pensione e prima, quando lavorava, non aveva tempo per passeggiare in piazza.
Salvatore è sempre vestito allo stesso modo, un piumino lungo rosso che ha visto tempi migliori e un paio di pantaloni di velluto marrone di una taglia almeno più grande del necessario in inverno, una polo a righe blu e verdi e pantaloncini corti color caffelatte d’estate. Non da l’impressione di passarsela bene, non l’ho mai visto nel bar a prendere un caffè assieme agli altri pensionati e quando con la moglie va a fare la spesa nella sua borsa ci sono poche e povere cose. Mi mette un po’ di tristezza vedere come una vita possa arenarsi così nelle secche di chissà quali eventi, chissà cosa faceva prima ?
Non ha le mani dure e callose di un operaio, al contrario, sono grosse ma morbide e curate, quasi spiccano sul resto del corpo, sui radi capelli spettinati e la barba di un giorno o due. Forse un tempo era un agente di commercio o impiegato in qualche ditta, mi piace pensare che abbia passato anni chiuso in un’automobile o in un ufficio e adesso quella piazza sia il suo mondo libero, non so quanti anni possa avere, se li porta bene oppure male, di sicuro se li porta tutti ovunque vada come un fardello pesante che lo fa fermare a prendere fiato ogni tre passi.
Qualche giorno fa l’ho incontrato al ritorno dal lavoro, avevo appena chiuso la macchina quando mi sono sentito chiamare, era lui seduto su una panchina sotto a un albero che mi faceva ampi segni, mentre gli andavo incontro, con fatica si è alzato e dopo avermi salutato mi ha detto che avrebbe bisogno di un favore, sempre che io avessi potuto farglielo. Doveva trasportare alcune cose ma non avendo un mezzo per farlo mi ha domandato se potevamo usare la mia macchina che peraltro è piuttosto capiente.
Per conto mio non c’erano problemi così ci siamo dati appuntamento per il pomeriggio del sabato successivo, ho pensato avesse qualche vecchio mobile da gettare o a una lavatrice o un frigorifero rimediati chissà dove.
Quel pomeriggio si è presentato con in mano due bottiglie di vino “ di quello buono “ per me, fatto da un suo carissimo amico in Piemonte poi mi ha detto di andare in un posto verso il mare dove c’è un circolo ricreativo, a quell’ora l’avremmo trovato aperto e qualcuno ci avrebbe pure aiutato a caricare la macchina, mentre nel magazzino dove avremmo scaricato ci aspettavano i suoi amici. Tanta era la curiosità di sapere cosa aveva fatto nella vita prima di andare in pensione che nemmeno gli ho domandato cosa dovevamo prendere.
Salvatore faceva il massaggiatore sportivo, ha girato tutta l’Italia al seguito di tante società di atletica, poi si è stancato di quella vita così ha preferito fermasi e finire la carriera in una palestra. Anche se in pensione continua a fare i massaggi a schiene e gambe doloranti.
Il circolo era un locale con un bar, una pista da ballo e un piccolo palco per l’orchestra, caricammo in macchina un amplificatore, degli altoparlanti, aste per microfoni e un mixer.
Salvatore suona la chitarra assieme a due amici, un tastierista e un batterista, mi ha detto che le cose non vanno poi male, trovano sempre da fare delle serate. Suonano un po’ di tutto, latino americano, liscio, evergreen, la gente vuole ballare e loro si divertono.
Non avrei mai pensato che un tipo come Salvatore fosse pure un musicista, in gioventù studiò chitarra classica per molti anni. E’ proprio vero che non si devono giudicare le persone dall’aspetto, c’è il rischi di prendere delle cantonate mostruose.
Davanti al magazzino dove custodiscono gli strumenti c’erano gli altri due del gruppo ad aspettarci, Mario il batterista è il solo musicista professionista dei tre, anche lui in pensione ha suonato con molti jazzisti italiani e stranieri e pure nell’orchestra della RAI per tante stagioni. E’ un tipo magrissimo dal volto scavato e due braccia così sottili che pure le bacchette devono essere un peso notevole da sollevare.
Enzo il tastierista, fisarmonicista e sassofonista autodidatta è il più giovane dei tre, barbuto con una pancia enorme e la camicia aperta fino all’ombelico, di mestiere fa il frigorista.
Finito di sistemare le cose Salvatore mi ha chiesto se volevo ascoltare qualcosa, ho risposto che l’avrei fatto molto volentieri. In pochi minuti hanno sistemato gli strumenti, mi sono seduto davanti a loro e non nascondo che avevo un po’ di diffidenza su quello avrei ascoltato.
Salvatore ha cominciato con un arpeggio e subito dopo Mario l’ha seguito accarezzando i tamburi con le spazzole con precisione e sicurezza, quelle braccia sottili sembravano stessero danzando mentre un sorriso luminoso aveva cambiato l’espressione del suo viso, un sorriso nascosto in chissà quale angolo del suo animo. Enzo, accesa una sigaretta, si era allungato sullo schienale della seggiola aspettando il suo momento.
Non sono riuscito a capire subito cosa stavano suonando, la chitarra improvvisava in maniera stupenda su un giro di accordi che mi sembrava di conoscere ma non ero sicuro, poi Salvatore mi ha fatto un cenno con la testa e ha cominciato a cantare Besame mucho, la sua voce era piena e forte molto diversa da quella sommessa che sentivo quando ci salutavamo in piazza. Mentre cantava le note della chitarra erano più delicate, il vento di note era diventato una lieve brezza. Poi con un colpo di tamburo il ritmo è aumentato all’improvviso, con un assolo di batteria, la canzone era diventata molto più veloce ed Enzo è entrato con la tastiera, si sentiva che la tecnica era quello che era però aveva un suono pieno, sembrava che sotto quei tasti ci fosse un’orchestra intera. Dopo aver improvvisato parecchio, ha passato la palla a Salvatore, le sue dita grandi e morbide si muovevano con rapidità sulle corde, poi ha ripreso a cantare la canzone che nel frattempo era diventata uno swing.
Erano davvero bravi ma la cosa strana è stato il loro aspetto, mentre suonavano erano ringiovaniti, le rughe del tempo sembravano scomparse e il loro aspetto era rinvigorito, ridevano e scherzavano tra di loro, non avrebbero mai smesso di suonare, si scambiavano le note dei loro strumenti come ragazzini che si tirano le palline di carta. Non c’erano più i dolori di un’esistenza, suonando riuscivano a esorcizzare il tempo e avrebbero potuto farlo per l’eternità.
Quando torno dal lavoro incontro quasi sempre Salvatore seduto su una panchina in piazza, mi siedo a chiacchierare con lui, mi racconta di come sono andate e serate, se la gente si era divertita oppure no, di quando viaggiava per l’Italia con gli atleti durante le gare. Qualche volta gli offro un caffè o un “bianco” al bar, accetta sempre volentieri e quando usciamo dice che mi deve una canzone, gli rispondo che sabato pomeriggio sarò da loro.

"… C'è questo tipo strano, vedrai ti piacerà,
lui suona la chitarra in una rock'n'roll band
ha un cuore di bambino che non si rompe mai,
attacchi la corrente vedrai ti partirà."
(A. Camerini)

Franco Galvani



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