lunedì 17 febbraio 2014

Campo de' Fiori


Avrei preferito camminare qui da uomo libero, senza queste due ali di folla urlante e questa compagnia di frati “decollati”, penitenti di una colpa che io non conosco.
Mi domando chi sia oggi il condannato: io (libero da ogni insegnamento), che mi appresto a salire sulla pira pronta a divampare, o loro, quelli che mi scortano, recitando salmi senza conoscerne il significato (come è stato loro insegnato), e quelli che mi sputano addosso, perchè (così è stato loro insegnato) l'Eretico solo di questo è degno.
La risposta si confonde tra gli insulti e le orazioni che mi percuotono le orecchie con uguale vigore, senza nemmeno scalfirle.
Campo de' Fiori è un luogo senza tempo, in mezzo ad una città eterna.
Qui è normale che il corpo di un “Eretico”, ridotto dalle fiamme in cenere, riacquisti le sue sembianze in bronzo, modellato dalla Memoria travestita da artista. Chi mi ha condannato sembra ignorare questo; o forse finge di ignorarlo, preso com'è dalla smania di mantenere quel potere che solo la paura può difendere, e colui che si lascia guidare dalla paura è destinato, prima o poi, a farsi sopraffare dalla paura stessa, è solo questione di tempo.
Ma tempo e paura appartengono all'illusione dei “vivi”, io mi appresto a diventare eterno, cioè senza tempo. Dopo aver vissuto in un corpo impregnato di Eroico Furore, dopo aver lottato per affermare la mia Verità, dopo aver amato a mio modo il mondo, dopo aver lasciato il segno, torno ad essere l'Anima, immune da giudizi e condanne.
Campo de' Fiori mi accoglie nel suo fuoco, ma non mi brucia. Quello che arde è solo quel corpo che i condannati alla paura vedono ardere, ma non sono io. Io resto scritto, io resto letto, io resto vivo. Chi mi ha voluto qui, oggi, a Campo de' Fiori, arde nelle prigioni dello sfarzo, in palazzi fondati sulla paura, pronti a diventare cenere, e non c'è alcuna ingiustizia in tutto ciò.
Questa piazza senza tempo in mezzo ad una città eterna, oggi è un rogo; ma quel che oggi è cenere, a primavera sboccerà.
E' per questo che si chiama Campo de' Fiori.

A Giordano Bruno.


Marco Bertelli

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