“Non c'è Luce nella luce del giorno.
C'è solo nebbia. Una nebbia potente, tanto da sembrare invisibile,
tanto da intrappolare la mente e addormentare il Cuore”.
Un pensiero ad alta voce, improvviso e
perentorio, sussurrato alle gocce d'acqua che, indifferenti,
scendevano nella doccia e correvano ad abbracciare le essenze di
sandalo che aspettavano nel bagnoschiuma, versato abbondante sulla
pelle già umida, per poi evolvere in un profumo dolce e inebriante.
Lui sapeva che a nessun altro quel suo pensiero poteva essere
rivelato. Ne era certo, perchè da un po' di tempo vedeva correre i
suoi pensieri, come spinti da un'incontrollabile forza, lontano da
quelli delle persone che popolavano la sua quotidianità.
A causa delle falene. Ce n'era
un'invasione. Da qualche settimana a quella parte se ne incontravano
ovunque, a stormi: per strada, nei bar, nei centri commerciali, nelle
fabbriche, nelle officine, negli uffici. Persino nel suo
climatizzatissimo e modernissimo ufficio, sede di una famosissima
compagnia telefonica internazionale, che da lui, suo agente di
vendita, si aspettava fatturati sempre più strabordantissimi.
Non è che lui odiasse le falene, anzi, gli erano anche simpatiche, e poi sapeva che erano del tutto inoffensive; il fatto è che le falene dovrebbero vivere di notte e nelle zone ad alto tasso di vegetazione. Cosa ci facevano (così numerose, tra l'altro) attaccate agli scappamenti delle auto in coda sulla tangenziale, o tra gli scaffali dei detersivi al supermercato, o sulla punta dei trapani negli studi dentistici, o sopra i display dei registratori di cassa delle farmacie, o nel portapenne sulla scrivania del suo capo, tra il tagliacarte d'argento e la Mont Blanc d'oro?
Non è che lui odiasse le falene, anzi, gli erano anche simpatiche, e poi sapeva che erano del tutto inoffensive; il fatto è che le falene dovrebbero vivere di notte e nelle zone ad alto tasso di vegetazione. Cosa ci facevano (così numerose, tra l'altro) attaccate agli scappamenti delle auto in coda sulla tangenziale, o tra gli scaffali dei detersivi al supermercato, o sulla punta dei trapani negli studi dentistici, o sopra i display dei registratori di cassa delle farmacie, o nel portapenne sulla scrivania del suo capo, tra il tagliacarte d'argento e la Mont Blanc d'oro?
Aveva provato a parlarne in giro, ai
suoi colleghi in primis: nessuno sembrava notare il fenomeno. “Ho
da far firmare i contratti io, altro che pensare agli insetti, mica
mi pagano le tasse quelli. Dovresti pensarci anche tu, sai? Per gli
insetti c'è l'apposito spray insetticida”, questa era la risposta
che veniva pedissequamente ripetuta da ogni bocca di collega, dopo
che le rispettive orecchie avevano udito la domanda: “Ma hai visto
quante falene ci sono in giro? Non ti sembra strano?”.
“Le falene sono innocue farfalle
notturne, non zanzare-tigre. E poi un insetticida non le farebbe
nemmeno starnutire. Stamattina, mentre ero all'ingorgo, ne ho contate
ventitre che danzavano allegramente la samba dentro una nuvola diesel
che usciva dalla marmitta di un tir polacco. E' una cosa del tutto
assurda e innaturale”, tentava di far notare lui. Ciò che gli
altri sembravano notare, però, era quel suo strano incaponirsi su
quello che, secondo loro, era un casuale, insignificante fenomeno. Il
fatto che tv, giornali e web, quasi non facessero menzione di tale
fenomeno, contribuiva in maniera determinante a rendere ancor più
imbarazzante la sua posizione nei confronti dell'opinione pubblica,
rappresentata non solo dai colleghi ma anche da amici abituali e i
familiari, che per sua fortuna non vivevano con lui, essendo egli un
single nel mezzo del cammin di sua vita.
Molteplici correnti di pensiero si
erano diffuse a proposito del suo recente stato mentale, tra parenti
e conoscenti vari:
“Ha bisogno di una donna, di un
rapporto solido”, pensava chi gli voleva bene.
“Sta diventando deficiente”, il
restante 98,7 %.
“Lo stiamo perdendo”, concordavano
tutti.
Lui, dal canto suo, un po' si stupiva
delle altrui opinioni nei suoi riguardi, ma, ciò nonostante,
continuava a mostrare preoccupazione per il fenomeno delle falene.
“Come mai non si vedono più
farfalle, con le loro meravigliose ali vellutate, dai colori più
fantasmagorici? Mi basterebbe anche una farfalla con le ali bianche,
ma non ne vedo più nemmeno di quelle. L'altro giorno, andando a
visitare un cliente poco fuori città, sono passato vicino ad un
bosco. Mi sono fermato, sono sceso dall'auto e sono andato a vedere
se trovavo qualche farfalla. Macchè, solo sciami di falene.
Rumorosissime. Ne ho viste che ronzavano attorno ad un cinghiale che
mi ha guardato preoccupato prima di addentrarsi nel bosco,
scocciatissimo. Quasi fosse colpa mia...”. Questo fu il suo
estemporaneo intervento, poco prudente secondo i più benevoli,
effettuato nel corso della consueta riunione
programmatico/motivatoria degli agenti di vendita del lunedì
mattina, e che gli costò una serie di sguardi perplessi dei colleghi
e osservazioni sarcastiche da parte del capo: “Ti vedo un po'
strano ultimamente. Dicono alcuni tuoi colleghi, che da un po' di
tempo ti interessi parecchio agli insetti, ma quel che è grave è
che lo dice anche il report del tuo fatturato. Che pensi di fare? In
questa azienda non è prevista la mansione di insettologo”.
Ossequiose risate di scherno dei presenti, riverente buonumore diffuso.
Ossequiose risate di scherno dei presenti, riverente buonumore diffuso.
“Le falene non sono soltanto insetti,
sono farfalle notturne, non dovrebbero girare a sciami di giorno. E
poi si dice entomologo, non insettologo”, la sua laconica replica.
Imbarazzo generale. Silenzio. Il
fatturato complessivo del gruppo di agenti, la settimana precedente,
non era stato poi così disastroso. Il capo, pietosamente, decise di
soprassedere.
Quell'osservazione del capo, però, fu
il preludio di una settimana piuttosto deludente per lui. Continuava
ad osservare quel fenomeno alquanto anomalo, e la parallela
indifferenza altrui. Osservava, e questo era ancor più deludente,
come i clienti si mostrassero ritrosi ad accettare proposte da un
agente di vendita, simpatico sì, ma più incline all'entomologia
che agli aspetti economici del contratto da firmare. Certo, lui si
rendeva conto che non era tenuto a parlare di falene e farfalle
durante le trattative, ma per lui era un impulso irresistibile, che
non poteva e forse, in cuor suo, non voleva controllare. Un impulso
che non sapeva bene da dove arrivasse, ma che sentiva di dover
assecondare, quasi nascondesse in sé una rivelazione: ma quale?
Per il momento, l'unica cosa che a lui
si era rivelata, era la spaccatura tra egli stesso e il mondo,
evidenziatasi nella progressiva perdita di sintonia con gli schemi e
i pensieri che, sino a poco prima, gli erano abituali. Spaccatura
che si manifestava sempre più macroscopica nell'atteggiamento degli
amici che era solito frequentare, e che ultimamente non gli
chiedevano nemmeno più quali proposte avesse per il fine settimana,
tali da rendere meno doloroso e noioso il passaggio del tempo che
intercorreva tra le sei del venerdì sera e le otto del lunedì
mattina successivo. Era da un po' che lui non riusciva più a
pronunciare alcune parole, tra cui “stadio”, “pub”,
“birreria”, “pizzeria”, “ristorante” e “discoteca”.
Per i suoi amici questo suonava parecchio male; per loro, lui era
diventato simile ad un soldato che non ricordava più la parola
d'ordine, e che per questo non poteva essere riconosciuto come amico
dalla sentinella di guardia al sacro altare del week-end.
Lui, in fondo, non se ne rammaricava
più di tanto. Piuttosto, gli mancavano le farfalle. Questo, a ben
vedere, era ciò che lo sconfortava più di tutto.
Così, quel venerdì sera, sotto la
doccia, quell'improvviso pensiero. Quella nuova rivelazione che la
sua voce rapiva dal cuore: “ Non c'è Luce nella luce del giorno.
C'è solo nebbia....”.
Fine prima parte
Marco Bertelli
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